venerdì 28 settembre 2012

Friday boulevard: best of the week.

Il week-end è arrivato (per fortuna), ma prima di rilassarci ecco a voi la selezione delle notizie e degli articoli più interessanti di questa settimana:

Il primo posto se lo merita questo articolo di artribune.com, la mostra dei capolavori di Vermeer presso le scuderie del Quirinale. Da artribune segnalo anche altri articoli davvero meritevoli, come questo articolo sull'arte in mostra alla Biennale di Venezia, e questo sul week-end di opening collettivi Roma Art 2 Nights, che si tiene dal 28 settembre al 30 (chiunque può...vada!) ed infine, last but not least, questa gustosa anteprima della mostra di Gianni Colosimo alla  Sucriére di Lione.

Dal sito di medeaonline.net segnalo invece due stupendi articoli, il primo sulle architetture distopiche di Martin Kobe mentre il secondo riguarda l'arte tridimensionale di Giuliana Cunéaz.

Per concludere linko invece un articolo bellissimo (e tremendamente attuale), che mi ha molto colpito, da ilgiornaledellarte.com sui troppi precari nel mondo dei beni culturali.

Passando, invece al mondo della musica, sul sito di Rolling Stone Magazine c'è un articolo (in Inglese) su Neil Young e il suo nuovo formato musicale, mentre su soundsblog.it linko due fantastici articoli, il primo sulla proiezione cinematografica di Magical Mystery Tour dei Beatles ed il secondo, un bellissimo "amarcord", sui 20 anni dall'uscita di Nevermind dei Nirvana, davvero un articolo stupendo!

Per concludere, per tutti gli appassionati di cinema, lascio i link a due articoli interessanti scovati su cineblog.it sul nuovo film di Roland Emmerich e sul prossimo film tratto dal romanzo di Frankeinstein, dove sembra che il protagonista sarà Daniel Radcliff, che tutti conosciamo come Harry Potter!

Bene, con questa bella carrelata di notizie saluto i lettori ed auguro loro un buon week-end, rinnovando l'appuntamento a lunedì prossimo con un nuovo articolo (piccolo spoiler: anche lunedì ci sarà una simpatica sorpresa).

                                                                                                                  - P. & - M.




mercoledì 26 settembre 2012

"La nona luna" - speciale di fine mese: chi è Andrea Diprè ?

Il mese di Settembre sta per finire, voglio così inaugurare una piccola “tradizione” di questo blog: l’ultimo mercoledì del mese ci sarà un articolo un po’ diverso e, per iniziare nel modo migliore possibile, dedicherò questo primo speciale ad un vero “big” del mondo dell’arte, un uomo grazie al quale oramai tutti parlano di pittura.
Philippe Daverio? No, troppo banale. Vittorio Sgarbi? Beh... in un certo senso, ma in una versione rivisitata e corretta. Sto parlando del “monarca assoluto” della critica melliflua e retorica, del re dell’arte a buon mercato... Mr. Andrea Diprè!

il Prof. Avv. Dott. Andre Diprè, in tutta la sua maestosità
Oramai bazzicando il web (e specialmente i vari social-network o i blog) è fin troppo facile imbattersi nella sua figura, abbigliato in un modo che ricorda più un ingegnere che un critico d’arte, con dei tristi completini monocromatici ed il ciuffo al vento (che, ultimamente, complice un principio di calvizie, noto essere sempre meno rigoglioso), Andrea Diprè ha canalizzato l’attenzione della rete attorno a sé.  
Del resto, egli è «The most famous art critic in the world» come scritto sul suo sito, mica pizza e fichi.
Ma chi è, veramente, Andrea Diprè? Per fugare ogni dubbio basta una fare ricerchina su Google: questo personaggio è avvocato (fra l’altro laureato, sembrerebbe, con la dovuta “comodità” di chi si prende qualche anno in più per affrontare gli esami) ed ha militato in diverse fazioni politiche con esiti piuttosto scarsi, fin quando fu accolto a braccia aperte dalla Lega Nord. Del resto, il partito della Padania, che è il movimento politico con il minor numero di laureati secondo le statistiche, non poteva farsi sfuggire l’opportunità di avere fra le proprie fila un intellettuale dello spessore e del calibro del Prof. Avv. Dott. Andrea Diprè.

Diprè durante una delle sue conferenze
Tanto per essere chiari, quei titoli anteposti al suo nome, di sapore spiccatamente fantozziano, non li ho inseriti io con fare sarcastico, ma sono le cariche di cui egli stesso si proclama detentore.
Attualmente Diprè gestisce due canali televisivi privati su Sky dove propone imbarazzanti televendite mescolando allo stile di vendita in pieno stile Roberto da Crema, la sua verve da critico d’arte che, all’occhio attento, risulta come l’imitazione palese (e pure un po’ triste) di Vittorio Sgarbi; se poi si mescola a tutto questo una retorica melensa, fatta di termini prosopopeici ed ampollosi fini a se stessi e lessico vilmente trafugato dalla filosofia e condito con citazioni storpiate di alcuni grandi poeti o critici (esemplare è ormai la sua frase “l’arte è l’apparizione di una rosa fra le tenebre”, che sembrerebbe una degradazione della definizione che lo storico Jacob Burckhardt diede del Rinascimento Italiano) si ottiene un cocktail quasi letale. Nei suoi programmi Diprè si propone l’obiettivo di dare spazio ai «veri grandi artisti», quelli che per via delle «concrezioni saline di un’arte sempre più drogata proposta dal mercato» non riescono a trovare spazio e non ottengono la visibilità che meriterebbero. 

Il famoso mare del maestro Osvaldo Paniccia
Durante la presentazione gli aggettivi si sprecano e la ridondanza della sua prosa cozza violentemente con le creazioni dei suoi “artisti”, creando (spontaneamente o meno, non è dato sapere) un tremendo effetto comico nello spettatore. Di esempi ce ne sono: il ragazzo troppo cresciuto, Luciano Martinelli, che prende a modelli delle sue opere i robot dell’animazione nipponica, producendo poi disegni degni di un bambino delle elementari, il maestro «monarca assoluto della pittura» Osvaldo Paniccia, con la voce rotta dall’affanno e i suoi quadri dannatamente simili a quelli del becchino dietro il mio quartiere che, nei ritagli di tempo, si diletta di pittura, il romano Giacomo de Michelis che propone opere al limite della pornografia visiva, roba da far impallidire dipinti “scandalosi” come la 'Maya desnuda' di Goya o 'L’origine del mondo' di Courbet... l’elenco potrebbe continuare all’infinito!


In effetti, nel cercare i suoi “artisti”, sembra che Diprè ci prenda gusto nello scovare preoccupanti casi umani, cercando sempre dilettanti allo sbaraglio a cui regalare il tanto agognato “quarto d’ora di popolarità” che Andy Wahrol aveva teorizzato moltissimi anni fa, non disdegnando nemmeno incursioni nel porno-soft: memorabili sono la modella fetish Franca Kodi, che Diprè spaccia per «opera d’arte mobile» o la delirante intervista a Gaia Chon con il nostro critico, visibilmente in stato di ebbrezza, che ride come un adolescente quando la ragazza impugna il microfono con fare equivoco e, ultimo ma non ultimo, la performance delle due “dominatrici” fasciate di latex che maltrattano con cera e fruste degli uomini carponi, dove Diprè arriva a paragonare i segni delle frustate sulla schiena dei poveracci ai tagli sulle tele di Lucio Fontana.
Questa incursione nel porno-soft, sembra essersi fatta sempre più profonda, difatti è curioso notare come, nella pagina facebook di un critico d’arte del suo calibro, ci siano più foto che lo ritraggano fra pornostar, modelle da quattro soldi e milf rifatte, piuttosto che fra i dipinti, ma del resto la dice lunga il nuovo programma intitolato 'Diprè e la modella' dove, accanto al professore che discute alacremente dei fasti della pittura Veneta o dei Preraffaelliti, ci sia una ragazza intenta in spettacoli di lap-dance o softcore.

Diprè e la modella. Alcuni, a sinistra, riescono a vedere un quadro.
Ultimamente diventato anch’egli un meme (anche se, sfortunatamente, solo in Italia), Diprè ha fatto nuovamente parlare di sé grazie al suo recente ingresso in politica, «un nuovo grande progetto politico...trasformare l'utopia in realtà» lo definisce lui, annunciato con un ampolloso ed avventuroso proclamo, mandato in onda sulle sue due televisioni e diffuso anche via web. Un partito per gli artisti e gli ultimi, che porterà giustizia e che si proclama super-partes, il cui slogan è  «Meno male che Diprè c'è !»  (che curiosa sensazione di deja-vù).
Perché parlare di Diprè? Perché, effettivamente, Diprè rappresentate, senza se e senza ma, il sottoprodotto dell’Italietta moderna, fatta di prosopopea, ignoranza, battutine al limite della comicità infantile, vuotezza e, soprattutto, “bunga-bunga”, il tutto ostentato con il fare di chi ha l’arroganza di dire “lei non sa chi sono io”, un uomo che si approfitta della semplicità dei suoi intervistati, illudendoli con l’abbaglio di una carriera nel mondo dell’arte, per succhiare loro i pochi risparmi faticosamente messi da parte.
Forse proprio qui sta la vera “artisticità” di Andrea Diprè, nel suo riuscire a spacciare tutti quei “Teomondo Scrofalo” per degli artisti e le loro brutte pitture per capolavori al pari della Gioconda, l'applicazione perfetta della teoria «il medium è il messaggio» di Marshall McLuhan.

Un'altra opera che meriterebbe un posto al Louvrè vicino alla Gioconda !
I suoi video, oramai, hanno avuto diffusione virale su tutta la rete e la reazione è sempre la stessa: risate a non finire. Ma volendo guardare oltre, e magari indagare con un occhio più attento dal punto di vista sociale, le risate dello spettatore non sono altro che la manifestazione di due grandi teorie sul riso del Novecento, quella di Bergson e quella di Pirandello: come sostenuto dal primo, la risata ha la funzione di “castigo sociale” una reazione con cui la comunità percepisce, respinge e corregge ciò che avverte contrario allo “slancio vitale”, e cioè la vita stessa. In effetti come si fa a non percepire come “errato” il modo di fare mellifluo e adulatore di Andrea Diprè, che sembra incapace di riconoscere una “crosta” da una vera opera d'arte ?


Saranno forse due artiste scoperte dal grande critico ?
La sua incapacità di riconoscere nel talento, il suo abuso di termini aulici e letterari (molti dei quali usati impropriamente) e la sua espressione, a metà fra il divertito ed il pacioccone, perennemente stampata in volto anche quando recensisce i grandi artisti che scova per tutta Italia, sono dei comportamenti quasi meccanici, di chi non sa cogliere, e conseguentemente soffoca, la libertà auto-creatrice della vita.
Volgendo, però, l'attenzione verso gli “artisti”, la percezione del comico cambia e volge verso “l'umorismo” teorizzato da Pirandello: derelitti, casi umani, “freak” li chiamerebbero gli anglofoni, o magari “vinti dalla vita” (se volessimo fare una citazione verghiana), animati da un grande sogno e da grandi speranze, ma coperti dalla miseria e dalla rovina, con le loro brutte opere, il loro carattere sempre un po' sopra le righe e i loro “atelier”, che altro non sono che le loro case polverose, che più che mai assumono una valenza quasi simbolica del loro vivere.
In quel quarto d'ora che il Prof. Avv. Dott. Andrea Diprè concede loro, lo spettatore assiste al tentativo di ribalta di chi ha passato la vita ai margini e decide di rischiare tutto in quel brevissimo lasso di tempo, anche se sa che, probabilmente, si coprirà solo di ridicolo, facendo mostra più della propria miseria che della propria arte, miseria che noi poveri spettatori esorcizziamo con una risata.
                                                                                                                                    - P.
                               


lunedì 24 settembre 2012

A come Autunno, A come Arte.

«...in tranquillo riparo la sua anima in autunno
quando le sue ali richiude, felice soltanto
di riflettere sul suo oziare, a far scorrere
le cose belle senza rincorrerle...»

J. Keats – The human seasons


L’Estate è finita, la scuola ricomincia un po’ per tutti, si dorme di meno e si dice addio agli abiti leggeri. Presto gli alberi nei viali perderanno le loro foglie e le giornate si faranno meno brevi e meno calde. Il 22 settembre arriva l’equinozio di Autunno, la data che sancisce ufficialmente il cambio di stagione: una stagione considerata da sempre un po’ triste, nonostante i bellissimi colori con i quali dipinge la natura: comincia a fare freddo e la notte cala più rapidamente, tanto che già alle sette di pomeriggio è già sera.
Per portare un esempio più incisivo sulla “cattiva fama” di cui gode l’Autunno, basti pensare che in inglese la stagione porta due nomi, il primo è “Autumn” ed il secondo (fra l’altro più utilizzato in tono colloquiale) è “Fall”, che significa anche cadere o morire, con particolare riferimento alle foglie degli alberi che, dopo essersi ingiallite, si fanno cullare dal vento fino alla terra lasciando gli alberi sempre più spogli.
Se si vuole un’ulteriore conferma basta dare un’occhiata al celebre film “Requiem for a Dream”: la particolare scansione temporale parte dall’Estate per poi passare drammaticamente all’Autunno (non a caso tradotto con “Fall”) dove le vite dei protagonisti cadono in miseria ed in rovina, fino alla totale disfatta che arriva con l’Inverno.

Scena dal film "Requiem for a Dream" (2000)
Fin dall’antichità, l’Autunno viene opposto all’ottimismo della Primavera e alla sua rinascita, eppure è curioso come la stagione “morente” dell’Autunno sia in grado di regalare colori tanto accesi e paesaggi tanto suggestivi: in effetti i primi freddi e i colori accesi del rosso, del giallo e dell’arancione hanno portato una fervida ispirazione nel mondo artistico.
L’autunno, con i suoi cromatismi vivi e pulsanti e con i suoi frutti tipici è stato rappresentato dall’Arcimboldo, con il suo stile stravagante derivato dalla giustapposizione di vari oggetti: si riconoscono melograni, funghi, pere e, soprattutto, l’uva, che formano il volto di questa stagione, rappresentato con fattezze maschili insieme all’Inverno (ed opposti alle due presenza femminili della Primavera e dell’Estate); all’interno del ciclo pittorico dedicato alle stagioni, colpisce come l’Autunno, con i suoi colori, risulti addirittura più luminoso e vivo dell’Estate, forse per evidenziare l’opposizione fra la calura insopportabile di quest’ultima e la frescura quasi rigenerante che la nuova stagione porta.

Giuseppe Arcimboldi - L'Autunno
Ritroviamo la stessa lettura solare dell’Autunno in uno dei capolavori giovanili di Goya, “L’Autunno o la vendemmia”, una raffinatissima composizione basata su una costruzione triangolare dove il centro del dipinto è occupato da un canestro di vimini pieno di grappoli d’uva, uno dei frutti tipici della stagione autunnale. Le mani del terzetto di aristocratici si innalzano in corrispondenza dell’elemento verticale della campesina che porta il cesto d’uva; di straordinaria eleganza è il dialogo cromatico fra i toni gialli della veste del giovane in primo piano, del giallo arancio della donna in piedi fino al nero prugna della fanciulla seduta, il cui abito riflette le sfumature del cielo azzurro chiaro e delle sue nubi giallo-rosa, in un tripudio d’oro autunnale.

Francisco Goya - L'Autunno (o la vendemmia)
Gli impressionisti, con le loro attente ricerche sul colore e sulla luce, hanno saputo riscoprire le bellezze dell’Autunno, della sua luce candida e dorata e dei suoi colori pieni e saturi: meraviglioso, al riguardo, il quadro “Autunno sulla Senna” di Monet, dove il cielo limpido di un bel color azzurro, si fonde quasi con l’acqua cristallina del fiume, il tutto meravigliosamente incorniciato da due file di alberi dai colori rossastri tendenti al bruno, ripresi magnificamente dai tetti della città sullo sfondo che separa delicatamente il cielo dall’acqua del fiume. In tempi più moderni il russo Kandinskij rileggerà il quadro di Monet, con la stessa eleganza del tratto e la stessa raffinatezza cromatica, contrapponendo all’azzurro intenso del fiume il colore giallo-oro che si fa strada fra le fronde verdi degli alberi sulla destra e si riverbera per tutto il paesaggio, in una sinfonia di arancio.

Claude Manet - Autunno sulla Senna

Vasilij Kandinskij - Fiume d'Autunno
Anche Manet, altro maestro dell’impressionismo francese, saprà fornire una sua visione della stagione autunnale con il ritratto “Méry Laurent, l’Autunno”: una rivisitazione ottocentesca dell’allegoria delle stagioni, dove la donna, avvolta in una pelliccia color fulvo che richiama il castano dorato dei suoi capelli, posa su uno sfondo color carta da zucchero con fiori di ogni colore, che rimanda ai colori e alla luce tipica della stagione autunnale.

Edouard Manet - Mèry Laurent (l'Autunno)
In tempi moderni, i pittori hanno saputo fornire una visione nuova dell’Autunno, una lettura in chiave quasi intima e meditativa, espressionista: Van Gogh con le sue pennellate intense ed i suoi colori fervidi riuscì a dare del paesaggio autunnale una visione espressionista, un paesaggio luogo dell’anima ed idillico che ricorda i versi della poesia “Profumo Esotico” di Baudelaire.

Quando, a occhi chiusi, una calda sera d'autunno,
respiro il profumo del tuo seno ardente, vedo scorrere rive felici
che abbagliano i fuochi di un sole monotono;

una pigra isola in cui la natura esprime alberi bizzarri e
frutti saporosi, uomini dal corpo snello e vigoroso e donne
che meravigliano per la franchezza degli occhi.

Guidato dal tuo profumo verso climi che incantano, vedo
un porto pieno d'alberi e di vele ancora affaticati
dall'onda marina,

mentre il profumo dei verdi tamarindi che circola nell'aria
e mi gonfia le narici, si mescola nella mia anima al canto
dei marinai.


Vincent Van Gogh - Giardino Autunnale
Ma la dimensione meditativa ed emotiva fu esplorata con grande maestria dall’italiano Giorgio de Chirico che fornisce la sua visione dell’Autunno in due dipinti: “Enigma di un pomeriggio d’Autunno” e la stupenda tela “Meditazione Autunnale”, due dei dipinti più famosi della stagione della pittura Metafisica.


Giorgio de Chirico - L'enigma di un pomeriggio d'Autunno
 Nella prima tela si trovano moltissimi dei temi cari al pittore italo-greco: l’architettura classicheggiante, la statua, la vela in lontananza parzialmente coperta da un muro e le figure umane immerse nella solitudine. L’atmosfera magica ed enigmatica del quadro, però, è data dalla luce particolare e dai suoi colori tendenti al giallo che si riverberano su tutto il dipinto, rievocando i cromatismi della stagione che qui è apparentemente assente, vista l’atmosfera sospesa e senza tempo. Tuttavia è in “Meditazione Autunnale” che la dimensione enigmatica ed intimistica di De Chirico raggiunge il massimo: due porticati di gusto rinascimentale inquadrano un paesaggio quasi minimalista, dal sapore mediterraneo, rinforzato dalla strada a lastroni rozzamente sbozzati e dalla battigia liscia. Al centro della composizione troneggia la stessa statua vista nel precedente dipinto, che sembra avvolta in un mantello, quasi raccolta in meditazione. L’assenza totale delle figure umane ed il mare piatto e calmo all’orizzonte conferisce un senso di tranquillità, vagamente turbato dalla tipica prospettiva dechirichiana e dal misterioso bastone alla destra. Magnifico il cielo di colore verde-azzurro che induce un senso di calma e di staticità a tutta la composizione.


Giorgio de Chirico - Meditazione autunnale

Forse, quindi, non ci si dovrebbe limitare a vedere l’Autunno come un semplice “messaggero” dell’Inverno o come una stagione triste per il suo essere “di mezzo”: del resto lo stesso Keats ne ha evidenziato la dimensione intima e riflessiva al meglio nella sua poesia “The human seasons”, dopo un’Estate sempre attiva è così bello oziare nel tepore domestico, godendo di quanto la stagione ha da offrirci !

                                                                                                                                   - P.
                                     

venerdì 21 settembre 2012

Friday boulevard: best of the week.


Inauguro oggi un nuovo spazio del blog: il "Friday boulevard", una rubrica dedicata alle migliori news ed articoli provenienti dal mondo dell'arte e della cultura.

Ovviamente il primo posto va alla mostra di Picasso a Milano, che sembra essere l'evento artistico dell'anno, linko questo articolo da Artribune.
Sempre da Artribune due interessanti articoli: il primo sul festival del Design a Londra ed il secondo sul premio per l'architettura più brutta dell'anno.
Dal sito di Arte.it segnalo questo articolo sulla mostra "Un altro tempo: fra Decadentismo e Modern Style" che si terrà a Trento dal 22 Settembre al 13 Gennaio 2013. Da ilgiornaledell'arte.com un bellissimo pezzo su Francesco Guardi, grande artista veneto offuscato in vita da Canaletto, e sulla mostra che si terrà per i trecento anni dalla sua nascita.


Passando invece al mondo del cinema, segnalo questo articolo di Cineblog.it sul trailer del nuovo film del regista neozelandese Peter Jackson per "Lo Hobbit", che farà felici tutti gli amanti della trilogia tolkeniana del Signore degli Anelli.


Su Soundsblog.it ho trovato un articolo interessante sul video di Johnnie Lin, il chitarrista da strada il cui video sta facendo il giro del mondo (notevole e particolare la tecnica con cui suona la chitarra acustica). Sempre da Soundsblog.it linko un pezzo che mi è davvero piaciuto (e che farà la gioia di tutti gli amanti del buon Rock) sugli abiti di scena dei cantanti leggendari.

Ed infine, ma non per importanza, oggi è la "Giornata internazionale della bibliodiversità", celebrata da tutti gli editori indipendenti, troverete nel link un interessante articolo da booksblog.it


Concludo quindi questa selezione della settimana e auguro a tutti i lettori un buon week-end di inizio Autunno !

                                                                                                                      - P. & - M.




mercoledì 19 settembre 2012

"Ecce Mono": considerazioni sul restauro del Cristo di Borja.

Con questo primo articolo (l'altro, del resto, era solo una presentazione) vado ad inaugurare ufficialmente il blog e per farlo ho deciso di ispirarmi ad uno degli eventi estivi che ha animato la vita di molti appassionati di arte: ovviamente non mi riferisco al ritrovamento dei disegni che sono stati attribuiti al Caravaggio, ma dell'infelice opera di restauro che è avvenuto a Borja, paesino spagnolo di appena 5000 anime in provincia di Saragozza.
Ma andiamo con ordine: negli ultimi giorni d'agosto fa il giro del mondo la notizia che un'anziana signora ottantenne (tale Cecilia Giménez), in un improbabile tentativo di restauro ha rovinato l'opera di Elías García Martínez, semisconosciuto pittore spagnolo del XIX secolo, che aveva realizzato questo piccolo affresco su di una colonna del Santuario della Misericordia.
L'arzilla vecchietta, che adempiva nella chiesa al ruolo di “perpetua”, era stanca di vedere l'affresco ridotto in pessime condizioni a causa dell'umidità e così ha pensato bene di chiedere al parroco il permesso di pensare lei stessa, in qualità di pittrice dilettante, al recupero e alla conservazione del dipinto. Complice la crisi, o forse un “sì” pronunciato troppo superficialmente dal prelato, l'anziana donna si è messa all'opera e dopo ore di alacre lavoro, presenta fieramente la sua opera al parroco.
Peccato che, nonostante le buone intenzioni, il risultato sia stato a dir poco disastroso: il volto sofferente del figlio di Dio è stato distorto e trasfigurato in qualcosa di indefinito, ma sicuramente molto distante dall'opera iniziale, presentando forse più somiglianze con un primate che con il Cristo (da qui il soprannome assegnato all'affresco “Ecce Mono” in spagnolo significa appunto “Ecco la scimmia”).


"Ecce Homo" E.C. Martinez  -  L'affresco degradato  -  Il restauro ad opera di Cecilia Gimenez

 La vicenda ha del tragicomico, e credo che in molti avranno notato la curiosa connessione (quasi profetica) con un precedente restauro “home – made” visto al cinema qualche anno fa: nel film “Mr. Bean l'ultima catastrofe” il protagonista (Rowan Atkinson) starnutisce sul quadro “Ritratto della madre” dell'artista americano Whistler e ,nel disperato tentativo di salvare il dipinto, lo restaura con mezzi propri suscitando l'ilarità dello spettatore con il bruttissimo risultato conseguito.


Il bruttissimo restauro di Mr. Bean: la somiglianza con il caso di Borja è inquietante !

Eppure ci sono due fatti che colpiscono: la notizia fa il giro del mondo e si trasforma addirittura in un "meme" che si diffonde a macchia d'olio in tutti i social network, mentre il Santuario della Misericordia a Borja vede un'affluenza di pellegrini da far invidia ad altri luoghi religiosi ed artistici ben più famosi. Addirittura si legge in giro per il web di una petizione per salvare l'opera di Cecilia Giménez !
In effetti, superata la reazione sdegnosa o le risa, si può cercare di rileggere il dipinto con un occhio più attento: l'affresco di Martínez era stato realizzato nei primi del '900 prendendo come ispirazione una raffigurazione analoga, l' “Ecce Homo” dell'italiano Guido Reni di epoca Barocca. Personalmente, oserei dire che la rappresentazione del Martínez è di un linguaggio quasi anacronistico, se si considera che nel '900 spagnolo ci saranno pittori che rivoluzioneranno il linguaggio figurativo in maniera radicale (basti pensare a Picasso e a Dalì) e che già nel '800 Goya aveva dato il primo scossone alla tradizione iconica Spagnola. L'opera di Martinez sembra più un'imitazione dello stile seicentesco, piuttosto che una raffigurazione a cavallo fra ottocento e novecento (infatti sarebbe opportuno far notare che, nonostante il polverone mediatico, l'affresco era stato catalogato come “di scarso valore” dalle autorità).

"Ecce Homo" - Guido Reni (ca.1639)
"Ecce Homo" - Elías García Martínez (1910) 



Sebbene non si possa in nessuno modo soprassedere sul danno operato dalla restauratrice improvvisata (anche se sembrerebbe ci siano alcuni critici d'arte che difendono il nuovo affresco), è curioso notare le connessioni che si vengono a creare con altre esperienze pittoriche ben diverse dalle sue: il volto sfigurato del Cristo, che guarda con due occhi quasi bovini l'osservatore, restituendo una smorfia indecifrabile, ricorda le raffigurazioni informali di Jean Fautrier, in particolare nasce spontaneo il confronto con “Testa d'ostaggio n°1”: l' “Ecce Homo” restaurato risulta imbarazzantemente simile.  

"Ecce Homo (Mono)" - Cecilia Giminez
"Testa d'ostaggio n°1" - Jean Fautrier



















I lineamenti dell'ostaggio che emergono dal magma di colore come carne putrescente mostrano una certa familiarità con il volto deformato del Cristo, specialmente nel lungo naso allungato e dai lineamenti tutt'altro che umani. Questa trasfigurazione rievoca anche lo stile di Francis Bacon, in cui i volti sono deformati e violentati da nervose pennellate e sprazzi di colore innaturali. Anche lo “Studio per l'autoritratto” presenta una grande somiglianza con il Cristo di Borja, specialmente nella posa del colo e nell'agghiacciante processo di fusione e disfacimento della carne, da qui, il passo verso le terribili crocefissioni di Bacon, è assai breve.

Francis Bacon - "Tre studi per autoritratto" (part.)
Francis Bacon - "Tre studi per Crocefissione" (part.)

Curiosamente l'espressione sofferente del Cristo nell'affresco originale non sembra essere stata del tutto coperta, ma piuttosto trasformata: la sofferenza del Redentore trasformata nelle sofferenze di un essere deforme che comunica, con quegli occhi neri, un'inquietudine pari a quella degli ostaggi di Fautier e che rimanda alle sofferenze del mostruoso Elephant Man di David Lynch. Non più, quindi, il dolore del Redentore che si carica dei peccati dell'intera umanità, ma solo il travaglio di un essere deforme che, con il collo taurino piegato, si porge passivamente ai gesti di scherno dei visitatori come il Cristo si sottomise ai colpi di frusta dei suoi carnefici, il sacrificio visto nella nuova ottica di una “immolazione mediatica”.
Non è certo mia intenzione difendere l'operato di Cecilia Giménez, cercando di far passare questo restauro improvvisato come puro spirito dadaista che distrugge l'arte per creare arte, quando invece si tratta di semplice incompetenza: sta di fatto che, nonostante la scarsa gioia delle autorità locali questo fatto increscioso ha portato al comune di Borja un notevole “boost” di popolarità, ha canalizzato l'attenzione sull'opera di Martínez (che dubito fosse così conosciuta) ed ha reso l'ottantenne Cecilia Giménez l'ennesima dimostrazione del famoso “quarto d'ora di popolarità” che Andy Wahrol aveva teorizzato tempo fa.
Fra le altre cose, ho notato che recentemente c'è un sito che propone al visitatore di restaurare con il mouse, in pieno stile “MS Paint”, il dipinto, per dare la possibilità ad ognuno di creare il proprio “Ecce Homo”, come a dire che oramai siamo diventati tutti artisti.
Ma, del resto, Wahrol aveva previsto anche questo.

                                                                                                                                - P.




lunedì 17 settembre 2012

Proemio...


Infatti, come quando i medici tentano di dare ai fanciulli

l’amaro assenzio, prima cospargono col dolce e biondo liquido del miele

gli orli del bicchiere tutto intorno,

perché l’ingenua età dei bambini sia ingannata

fino alle labbra e intanto beva fino in fondo l’amaro succo di assenzio

e, benché ingannata, non ne riceva danno,

ma, piuttosto, guarita in tal modo, divenga vigorosa,

così io, ora, poiché questa dottrina sembra per lo più essere

troppo astrusa per quelli ai quali essa non è familiare

e il volgo l’aborre e si ritrae da essa, ho voluto esporti

la nostra dottrina col melodioso canto pierio

e quasi cospargendola col dolce miele delle Muse,

per tentare se, per caso, io potessi con tale mezzo tenere avvinto

ai nostri versi il tuo animo, finché tu comprenda

appieno la natura e ti renda ben conto dell’utilità.”


Tito Lucrezio Caro - “De Rerum Natura”


Mi sono permesso di prendere in prestito questi versi (e non me ne voglia il poeta latino Lucrezio) per presentare questo spazio virtuale. Alla maniera dei grandi poeti, anche a me piace inserire un proemio per inaugurare ed introdurre questo blog, che tratterà principalmente di storia dell'arte e riflessioni sulla pittura, ma non disdegnerà incursioni nel mondo della musica, della letteratura e del cinema d'autore. La scelta del nome non è casuale: questo spazio virtuale vuole essere come un antro, un pensatoio dove poter condividere le mie riflessioni ed i miei pensieri sul vastissimo mondo dell'arte e della cultura.
Non sia il lettore spaventato dall'apparente tedio degli argomenti sopra introdotti: questo non vuole essere l'ennesimo blog pieno zeppo riflessioni cultural-filosofiche che portano solo noia e sconforto in chi è “di passaggio”, vuole essere un antro accogliente, non una dimora ascetica. Lo scopo di questo blog sarà squisitamente divulgativo, senza mai sconfinare nel nozionismo e nell'eruditismo fine a se stesso, per questo motivo mi pongo come obiettivo secondario quello di rifiutare una prosa pomposamente aulico, proprio per poter osservare quelle opere pittoriche, quei grandi capolavori del passato, con sguardo originale e fresco.
E qui, cari 25 lettori, avrete chiara la scelta dei versi di Lucrezio sopra inseriti: sarà mio preciso intento diffondere questi contenuti “pesanti” alleggerendo il più possibile l'argomento e rendendolo interessante, proprio come si era proposto il poeta latino nella sua opera.
Temo che questo “proemio” stia virando vertiginosamente dal verbale al verboso, quindi permettetemi di aggiungere che è un grande onore per me conoscervi e che mi auguro possiate apprezzare quanto verrà divulgato in questo spazio.
Buona permanenza.

Lo staff