mercoledì 19 settembre 2012

"Ecce Mono": considerazioni sul restauro del Cristo di Borja.

Con questo primo articolo (l'altro, del resto, era solo una presentazione) vado ad inaugurare ufficialmente il blog e per farlo ho deciso di ispirarmi ad uno degli eventi estivi che ha animato la vita di molti appassionati di arte: ovviamente non mi riferisco al ritrovamento dei disegni che sono stati attribuiti al Caravaggio, ma dell'infelice opera di restauro che è avvenuto a Borja, paesino spagnolo di appena 5000 anime in provincia di Saragozza.
Ma andiamo con ordine: negli ultimi giorni d'agosto fa il giro del mondo la notizia che un'anziana signora ottantenne (tale Cecilia Giménez), in un improbabile tentativo di restauro ha rovinato l'opera di Elías García Martínez, semisconosciuto pittore spagnolo del XIX secolo, che aveva realizzato questo piccolo affresco su di una colonna del Santuario della Misericordia.
L'arzilla vecchietta, che adempiva nella chiesa al ruolo di “perpetua”, era stanca di vedere l'affresco ridotto in pessime condizioni a causa dell'umidità e così ha pensato bene di chiedere al parroco il permesso di pensare lei stessa, in qualità di pittrice dilettante, al recupero e alla conservazione del dipinto. Complice la crisi, o forse un “sì” pronunciato troppo superficialmente dal prelato, l'anziana donna si è messa all'opera e dopo ore di alacre lavoro, presenta fieramente la sua opera al parroco.
Peccato che, nonostante le buone intenzioni, il risultato sia stato a dir poco disastroso: il volto sofferente del figlio di Dio è stato distorto e trasfigurato in qualcosa di indefinito, ma sicuramente molto distante dall'opera iniziale, presentando forse più somiglianze con un primate che con il Cristo (da qui il soprannome assegnato all'affresco “Ecce Mono” in spagnolo significa appunto “Ecco la scimmia”).


"Ecce Homo" E.C. Martinez  -  L'affresco degradato  -  Il restauro ad opera di Cecilia Gimenez

 La vicenda ha del tragicomico, e credo che in molti avranno notato la curiosa connessione (quasi profetica) con un precedente restauro “home – made” visto al cinema qualche anno fa: nel film “Mr. Bean l'ultima catastrofe” il protagonista (Rowan Atkinson) starnutisce sul quadro “Ritratto della madre” dell'artista americano Whistler e ,nel disperato tentativo di salvare il dipinto, lo restaura con mezzi propri suscitando l'ilarità dello spettatore con il bruttissimo risultato conseguito.


Il bruttissimo restauro di Mr. Bean: la somiglianza con il caso di Borja è inquietante !

Eppure ci sono due fatti che colpiscono: la notizia fa il giro del mondo e si trasforma addirittura in un "meme" che si diffonde a macchia d'olio in tutti i social network, mentre il Santuario della Misericordia a Borja vede un'affluenza di pellegrini da far invidia ad altri luoghi religiosi ed artistici ben più famosi. Addirittura si legge in giro per il web di una petizione per salvare l'opera di Cecilia Giménez !
In effetti, superata la reazione sdegnosa o le risa, si può cercare di rileggere il dipinto con un occhio più attento: l'affresco di Martínez era stato realizzato nei primi del '900 prendendo come ispirazione una raffigurazione analoga, l' “Ecce Homo” dell'italiano Guido Reni di epoca Barocca. Personalmente, oserei dire che la rappresentazione del Martínez è di un linguaggio quasi anacronistico, se si considera che nel '900 spagnolo ci saranno pittori che rivoluzioneranno il linguaggio figurativo in maniera radicale (basti pensare a Picasso e a Dalì) e che già nel '800 Goya aveva dato il primo scossone alla tradizione iconica Spagnola. L'opera di Martinez sembra più un'imitazione dello stile seicentesco, piuttosto che una raffigurazione a cavallo fra ottocento e novecento (infatti sarebbe opportuno far notare che, nonostante il polverone mediatico, l'affresco era stato catalogato come “di scarso valore” dalle autorità).

"Ecce Homo" - Guido Reni (ca.1639)
"Ecce Homo" - Elías García Martínez (1910) 



Sebbene non si possa in nessuno modo soprassedere sul danno operato dalla restauratrice improvvisata (anche se sembrerebbe ci siano alcuni critici d'arte che difendono il nuovo affresco), è curioso notare le connessioni che si vengono a creare con altre esperienze pittoriche ben diverse dalle sue: il volto sfigurato del Cristo, che guarda con due occhi quasi bovini l'osservatore, restituendo una smorfia indecifrabile, ricorda le raffigurazioni informali di Jean Fautrier, in particolare nasce spontaneo il confronto con “Testa d'ostaggio n°1”: l' “Ecce Homo” restaurato risulta imbarazzantemente simile.  

"Ecce Homo (Mono)" - Cecilia Giminez
"Testa d'ostaggio n°1" - Jean Fautrier



















I lineamenti dell'ostaggio che emergono dal magma di colore come carne putrescente mostrano una certa familiarità con il volto deformato del Cristo, specialmente nel lungo naso allungato e dai lineamenti tutt'altro che umani. Questa trasfigurazione rievoca anche lo stile di Francis Bacon, in cui i volti sono deformati e violentati da nervose pennellate e sprazzi di colore innaturali. Anche lo “Studio per l'autoritratto” presenta una grande somiglianza con il Cristo di Borja, specialmente nella posa del colo e nell'agghiacciante processo di fusione e disfacimento della carne, da qui, il passo verso le terribili crocefissioni di Bacon, è assai breve.

Francis Bacon - "Tre studi per autoritratto" (part.)
Francis Bacon - "Tre studi per Crocefissione" (part.)

Curiosamente l'espressione sofferente del Cristo nell'affresco originale non sembra essere stata del tutto coperta, ma piuttosto trasformata: la sofferenza del Redentore trasformata nelle sofferenze di un essere deforme che comunica, con quegli occhi neri, un'inquietudine pari a quella degli ostaggi di Fautier e che rimanda alle sofferenze del mostruoso Elephant Man di David Lynch. Non più, quindi, il dolore del Redentore che si carica dei peccati dell'intera umanità, ma solo il travaglio di un essere deforme che, con il collo taurino piegato, si porge passivamente ai gesti di scherno dei visitatori come il Cristo si sottomise ai colpi di frusta dei suoi carnefici, il sacrificio visto nella nuova ottica di una “immolazione mediatica”.
Non è certo mia intenzione difendere l'operato di Cecilia Giménez, cercando di far passare questo restauro improvvisato come puro spirito dadaista che distrugge l'arte per creare arte, quando invece si tratta di semplice incompetenza: sta di fatto che, nonostante la scarsa gioia delle autorità locali questo fatto increscioso ha portato al comune di Borja un notevole “boost” di popolarità, ha canalizzato l'attenzione sull'opera di Martínez (che dubito fosse così conosciuta) ed ha reso l'ottantenne Cecilia Giménez l'ennesima dimostrazione del famoso “quarto d'ora di popolarità” che Andy Wahrol aveva teorizzato tempo fa.
Fra le altre cose, ho notato che recentemente c'è un sito che propone al visitatore di restaurare con il mouse, in pieno stile “MS Paint”, il dipinto, per dare la possibilità ad ognuno di creare il proprio “Ecce Homo”, come a dire che oramai siamo diventati tutti artisti.
Ma, del resto, Wahrol aveva previsto anche questo.

                                                                                                                                - P.




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