mercoledì 26 settembre 2012

"La nona luna" - speciale di fine mese: chi è Andrea Diprè ?

Il mese di Settembre sta per finire, voglio così inaugurare una piccola “tradizione” di questo blog: l’ultimo mercoledì del mese ci sarà un articolo un po’ diverso e, per iniziare nel modo migliore possibile, dedicherò questo primo speciale ad un vero “big” del mondo dell’arte, un uomo grazie al quale oramai tutti parlano di pittura.
Philippe Daverio? No, troppo banale. Vittorio Sgarbi? Beh... in un certo senso, ma in una versione rivisitata e corretta. Sto parlando del “monarca assoluto” della critica melliflua e retorica, del re dell’arte a buon mercato... Mr. Andrea Diprè!

il Prof. Avv. Dott. Andre Diprè, in tutta la sua maestosità
Oramai bazzicando il web (e specialmente i vari social-network o i blog) è fin troppo facile imbattersi nella sua figura, abbigliato in un modo che ricorda più un ingegnere che un critico d’arte, con dei tristi completini monocromatici ed il ciuffo al vento (che, ultimamente, complice un principio di calvizie, noto essere sempre meno rigoglioso), Andrea Diprè ha canalizzato l’attenzione della rete attorno a sé.  
Del resto, egli è «The most famous art critic in the world» come scritto sul suo sito, mica pizza e fichi.
Ma chi è, veramente, Andrea Diprè? Per fugare ogni dubbio basta una fare ricerchina su Google: questo personaggio è avvocato (fra l’altro laureato, sembrerebbe, con la dovuta “comodità” di chi si prende qualche anno in più per affrontare gli esami) ed ha militato in diverse fazioni politiche con esiti piuttosto scarsi, fin quando fu accolto a braccia aperte dalla Lega Nord. Del resto, il partito della Padania, che è il movimento politico con il minor numero di laureati secondo le statistiche, non poteva farsi sfuggire l’opportunità di avere fra le proprie fila un intellettuale dello spessore e del calibro del Prof. Avv. Dott. Andrea Diprè.

Diprè durante una delle sue conferenze
Tanto per essere chiari, quei titoli anteposti al suo nome, di sapore spiccatamente fantozziano, non li ho inseriti io con fare sarcastico, ma sono le cariche di cui egli stesso si proclama detentore.
Attualmente Diprè gestisce due canali televisivi privati su Sky dove propone imbarazzanti televendite mescolando allo stile di vendita in pieno stile Roberto da Crema, la sua verve da critico d’arte che, all’occhio attento, risulta come l’imitazione palese (e pure un po’ triste) di Vittorio Sgarbi; se poi si mescola a tutto questo una retorica melensa, fatta di termini prosopopeici ed ampollosi fini a se stessi e lessico vilmente trafugato dalla filosofia e condito con citazioni storpiate di alcuni grandi poeti o critici (esemplare è ormai la sua frase “l’arte è l’apparizione di una rosa fra le tenebre”, che sembrerebbe una degradazione della definizione che lo storico Jacob Burckhardt diede del Rinascimento Italiano) si ottiene un cocktail quasi letale. Nei suoi programmi Diprè si propone l’obiettivo di dare spazio ai «veri grandi artisti», quelli che per via delle «concrezioni saline di un’arte sempre più drogata proposta dal mercato» non riescono a trovare spazio e non ottengono la visibilità che meriterebbero. 

Il famoso mare del maestro Osvaldo Paniccia
Durante la presentazione gli aggettivi si sprecano e la ridondanza della sua prosa cozza violentemente con le creazioni dei suoi “artisti”, creando (spontaneamente o meno, non è dato sapere) un tremendo effetto comico nello spettatore. Di esempi ce ne sono: il ragazzo troppo cresciuto, Luciano Martinelli, che prende a modelli delle sue opere i robot dell’animazione nipponica, producendo poi disegni degni di un bambino delle elementari, il maestro «monarca assoluto della pittura» Osvaldo Paniccia, con la voce rotta dall’affanno e i suoi quadri dannatamente simili a quelli del becchino dietro il mio quartiere che, nei ritagli di tempo, si diletta di pittura, il romano Giacomo de Michelis che propone opere al limite della pornografia visiva, roba da far impallidire dipinti “scandalosi” come la 'Maya desnuda' di Goya o 'L’origine del mondo' di Courbet... l’elenco potrebbe continuare all’infinito!


In effetti, nel cercare i suoi “artisti”, sembra che Diprè ci prenda gusto nello scovare preoccupanti casi umani, cercando sempre dilettanti allo sbaraglio a cui regalare il tanto agognato “quarto d’ora di popolarità” che Andy Wahrol aveva teorizzato moltissimi anni fa, non disdegnando nemmeno incursioni nel porno-soft: memorabili sono la modella fetish Franca Kodi, che Diprè spaccia per «opera d’arte mobile» o la delirante intervista a Gaia Chon con il nostro critico, visibilmente in stato di ebbrezza, che ride come un adolescente quando la ragazza impugna il microfono con fare equivoco e, ultimo ma non ultimo, la performance delle due “dominatrici” fasciate di latex che maltrattano con cera e fruste degli uomini carponi, dove Diprè arriva a paragonare i segni delle frustate sulla schiena dei poveracci ai tagli sulle tele di Lucio Fontana.
Questa incursione nel porno-soft, sembra essersi fatta sempre più profonda, difatti è curioso notare come, nella pagina facebook di un critico d’arte del suo calibro, ci siano più foto che lo ritraggano fra pornostar, modelle da quattro soldi e milf rifatte, piuttosto che fra i dipinti, ma del resto la dice lunga il nuovo programma intitolato 'Diprè e la modella' dove, accanto al professore che discute alacremente dei fasti della pittura Veneta o dei Preraffaelliti, ci sia una ragazza intenta in spettacoli di lap-dance o softcore.

Diprè e la modella. Alcuni, a sinistra, riescono a vedere un quadro.
Ultimamente diventato anch’egli un meme (anche se, sfortunatamente, solo in Italia), Diprè ha fatto nuovamente parlare di sé grazie al suo recente ingresso in politica, «un nuovo grande progetto politico...trasformare l'utopia in realtà» lo definisce lui, annunciato con un ampolloso ed avventuroso proclamo, mandato in onda sulle sue due televisioni e diffuso anche via web. Un partito per gli artisti e gli ultimi, che porterà giustizia e che si proclama super-partes, il cui slogan è  «Meno male che Diprè c'è !»  (che curiosa sensazione di deja-vù).
Perché parlare di Diprè? Perché, effettivamente, Diprè rappresentate, senza se e senza ma, il sottoprodotto dell’Italietta moderna, fatta di prosopopea, ignoranza, battutine al limite della comicità infantile, vuotezza e, soprattutto, “bunga-bunga”, il tutto ostentato con il fare di chi ha l’arroganza di dire “lei non sa chi sono io”, un uomo che si approfitta della semplicità dei suoi intervistati, illudendoli con l’abbaglio di una carriera nel mondo dell’arte, per succhiare loro i pochi risparmi faticosamente messi da parte.
Forse proprio qui sta la vera “artisticità” di Andrea Diprè, nel suo riuscire a spacciare tutti quei “Teomondo Scrofalo” per degli artisti e le loro brutte pitture per capolavori al pari della Gioconda, l'applicazione perfetta della teoria «il medium è il messaggio» di Marshall McLuhan.

Un'altra opera che meriterebbe un posto al Louvrè vicino alla Gioconda !
I suoi video, oramai, hanno avuto diffusione virale su tutta la rete e la reazione è sempre la stessa: risate a non finire. Ma volendo guardare oltre, e magari indagare con un occhio più attento dal punto di vista sociale, le risate dello spettatore non sono altro che la manifestazione di due grandi teorie sul riso del Novecento, quella di Bergson e quella di Pirandello: come sostenuto dal primo, la risata ha la funzione di “castigo sociale” una reazione con cui la comunità percepisce, respinge e corregge ciò che avverte contrario allo “slancio vitale”, e cioè la vita stessa. In effetti come si fa a non percepire come “errato” il modo di fare mellifluo e adulatore di Andrea Diprè, che sembra incapace di riconoscere una “crosta” da una vera opera d'arte ?


Saranno forse due artiste scoperte dal grande critico ?
La sua incapacità di riconoscere nel talento, il suo abuso di termini aulici e letterari (molti dei quali usati impropriamente) e la sua espressione, a metà fra il divertito ed il pacioccone, perennemente stampata in volto anche quando recensisce i grandi artisti che scova per tutta Italia, sono dei comportamenti quasi meccanici, di chi non sa cogliere, e conseguentemente soffoca, la libertà auto-creatrice della vita.
Volgendo, però, l'attenzione verso gli “artisti”, la percezione del comico cambia e volge verso “l'umorismo” teorizzato da Pirandello: derelitti, casi umani, “freak” li chiamerebbero gli anglofoni, o magari “vinti dalla vita” (se volessimo fare una citazione verghiana), animati da un grande sogno e da grandi speranze, ma coperti dalla miseria e dalla rovina, con le loro brutte opere, il loro carattere sempre un po' sopra le righe e i loro “atelier”, che altro non sono che le loro case polverose, che più che mai assumono una valenza quasi simbolica del loro vivere.
In quel quarto d'ora che il Prof. Avv. Dott. Andrea Diprè concede loro, lo spettatore assiste al tentativo di ribalta di chi ha passato la vita ai margini e decide di rischiare tutto in quel brevissimo lasso di tempo, anche se sa che, probabilmente, si coprirà solo di ridicolo, facendo mostra più della propria miseria che della propria arte, miseria che noi poveri spettatori esorcizziamo con una risata.
                                                                                                                                    - P.
                               


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