Michele Laurenzana è nato a Modena nel
1983, geometra e laureando dell'Università Politecnica delle Marche
al corso di laurea specialistica in Ingegneria Edile-Architettura.
Ha partecipato a vari concorsi in ambito
architettonico ed urbanistico e nel 2008 ha seguito la promozione di un
gruppo (i Milagro) per San Remo Giovani. “La Segreta Verità” è
il suo primo romanzo.
Mi sono trovato a conoscere Michele in
un'occasione un po' particolare all'università e, affascinato dalla
sua esperienza per certi versi simile alla mia, ho deciso di
chiedergli un'intervista per il nostro blog che voglio condividere
con i lettori.
P: Allora, sarà un po' banale come
inizio, ma la prima domanda che voglio farti è come hai coltivato
nel tempo il rapporto con la scrittura, partendo sin
dall'adolescenza.
M: È una cosa nata dai tempi delle
superiori, perché la professoressa di italiano delle superiori ci
dava delle tracce tematiche e noi dovevamo costruirci un racconto
sopra. Durante l'infanzia non è che abbia letto moltissimo, leggevo
giusto i libri più banali e più stupidi che ti davano da leggere,
però da questo input di inventare storie è partito tutto tant'è
che nei temi avevo voti molto bassi, mentre quando invece bisognava
inventarsi dei racconti prendevo anche voti molto alti che la
professoressa non dava mai. Da lì è nata la passione del leggere e
dell'approfondire, invece “La segreta verità” è nato quasi come
uno sfogo iniziale, un diario di viaggio di un periodo della mia vita
un po' particolare, poi adattato in un racconto lungo.
P: Il luogo comune vuole l'ingegnere
come una persona molto schematica, anche se in realtà questo tuo
aspetto mi ricorda molto Carlo Emilio Gadda, autore del libro “Quer
pasticciaccio brutto de via Merulana”, anch'egli ingegnere. Mi
interesserebbe sapere come lo studiare in una facoltà come
Ingegneria Edile-Architettura abbia contaminato il tuo rapporto con
lo scrivere, visto che mi ritrovo io stesso in una situazione analoga
alla tua: personalmente ho visto come questa facoltà mi abbia dato
lo stimolo ad essere più ordinato nel pensare. Vorrei sapere se
anche tu hai avuto provato qualcosa di analogo o se tieni separati i
due ambiti, lo studio e la passione letteraria.
M: Come te frequento un corso che è sì
di Ingegneria, ma è appunto Ingegneria Edile-Architettura, che
rappresenta un po' questo dualismo che ho sempre avuto dentro:
apparire una persona seria ma tenere dentro una vena artistica ed
estroversa, ho fatto teatro per due anni.
Proprio l'aspetto architettonico è
importante: con un edificio, aldilà della funzionalità, devi
cercare di trasmettere emozioni, paradossalmente nel raccontare una
storia, seppure le modalità siano diverse, lo scopo è lo stesso. Il
fatto di avere una storia da raccontare rappresenta forse l'ambito
più architettonico, ma l'aspetto ingegneristico, confermando quello
che dicevi tu, mi ha aiutato a mettere dei paletti e a raggiungere
l'obiettivo in maniera più concreta.
P: Volendo fare un paragone, ho sempre
pensato che costruire una storia sia un po' come costruire un
edificio...
M: Quando si progetta, si è abituati a
farsi uno schema: si punta l'obiettivo finale e si vedono quali
strade portano a questo obiettivo, inserendo così i vari tasselli
che ti portano a realizzare una costruzione. Ho applicato gli stessi
principi nello scrivere il libro: avevo un obiettivo finale (che mi
ero scritto) ed ho cercato delle caratteristiche che permettessero
alla storia di “stare in piedi” (ndr: altro paragone
ingegneristico!). Ho applicato dei metodi “scientifici” su
qualcosa che di scientifico aveva ben poco, la storia in sé per sé
l'ho realizzata in circa un mese, poi ho solo rielaborato quanto
ideato all'inizio.
P: Parlando proprio del romanzo...
Quali sono state le tue influenze? Mi riferisco sia alle esperienze
biografiche che, come sappiamo, formano una persona e sono spesso
fonte di ispirazione, sia a livello artistico quei personaggi che per
te hanno avuto un peso rilevante nel formare il tuo stile.
M: Quando ho iniziato a scrivere il mio
romanzo non stavo vivendo un periodo particolarmente bello della mia
vita. La notte del concepimento della storia risale ad una sera,
durante la quale sono andato con alcuni amici al cinema a vedere
“Shutter Island”: mi ha affascinato come, nel finale, dopo quasi
tre ore di film lo spettatore si rendesse conto di non aver capito
nulla della trama del film. Da questa fascinazione per un regista o
uno sceneggiatore capace di ideare una storia così articolata, ho
avuto la voglia di mettermi in gioco e sfidare me stesso per vedere
se ero capace di realizzare una storia, anche se sapevo di non avere
nessuna base letteraria solida. Ammiro molto Baricco, soprattutto per
il suo particolare uso della punteggiatura che sembra dare più
valore alla parola, ma anche Stefano Benni, per il modo di dare un
risvolto apparente ed illusorio alla storia.
A livello personale, è stata la vita
stessa a dare corpo al nucleo de “La segreta verità” che ho
cercato di adattare ad una storia quasi cinematografica: proprio
questo è quello che la gente sembra apprezzare di più del mio
romanzo. Probabilmente più che farmi influenzare da scrittori ho
preferito seguire più un filone cinematografico.
P: È molto interessante questo
dualismo con il cinema: personalmente anche io guardo molto al
rapporto fra l'arte ed il cinema, credo sia limitante vedere le varie
arti come compartimenti stagni separati fra loro... Mi ha molto
colpito questo tuo essere “regista” del tuo romanzo.
M: L'arte non può essere univoca,
quando scrivi una storia giochi a fare Dio: mentre negli altri campi
sei spesso manovrato da altre persone quando inventi un racconto sei
tu che scegli i personaggi, dai loro un nome, un volto e delle
caratteristiche... Diventi effettivamente il regista della tua
storia. Piuttosto che applicare un modo di fare “scientifico”su
come scrivere una storia, però concepire una storia con gli occhi di
un regista aiuta tantissimo: ok lasciare libera la fantasia del
lettore ma devi dargli tutto, ad esempio io ho inserito molte canzoni
nel romanzo, che è una tattica cinematografica.
P: “La segreta verità” è figlia
dell'esperienza che hai vissuto... Quale è stato l'iter di
formazione del romanzo? Trovo molto bella questa ambivalenza fra
l'ispirazione che hai avuto dal film “Shutter Island” e il
periodo non bellissimo che stavi vivendo.
M: Se volessi dirtelo a livello
schematico sarebbe: periodo particolare, quindi magari avere una
persona o un modo con cui sfogarmi... Quindi questa storia che già
esisteva, attendeva solo di essere liberata. Un periodo piuttosto
lungo di incubazione, quindi: casualmente ho visto quel film e da lì
ho avuto la folgorazione per sviluppare la storia. C'era un sostrato
che era come una pentola a pressione ed il film è stato il tappo!
Avevo l'inizio e la fine, ma per
arrivare alla fine dovevo scrivere cosa accadeva nella parte
centrale, altrimenti avrei avuto un'opera incompiuta, ho scritto
tutta la storia lavorando notte e giorno in circa un mese. L'incontro
casuale con la mia professoressa delle superiori mi ha dato lo
stimolo in più per riadattare questo diario in una storia vera e
propria.
P: Del film “Shutter Island” ti ha
affascinato che ci sia una storia con un finale “a sorpresa” e
questa cosa l'hai riscontrata anche nelle opere di Benni. Visto che
dici tu stesso che “La segreta verità” è frutto dell'esperienza
personale secondo te può essere che, effettivamente, la vita dia dei
messaggi o dei segnali che noi fraintendiamo o capiamo solo alla
fine?
M: A livello personale questo di
sicuro: molti di noi vivono dei percorsi a cui non riusciamo a
comprendere ma prima o poi arriverà il momento in cui tutto sarà
rivelato, sono frasi dette mille volte ed ognuno le avrà già
sentite dagli amici. Nella storia non potevo rendere questo aspetto
troppo biografico per motivi personali, per cui sebbene molti
personaggi del libro esistano veramente sono stati romanzati, ho
cercato di mettere determinate caratteristiche all'interno della
storia che potessero un po' avvicinarsi a tante persone... anche
perché poi, chi valuta il valore di un racconto è il lettore. Il
bello del raccontare una storia ed arrivare alla fine, credendo di
aver capito una cosa, e poi, proprio nelle ultime righe, capisci che
tutto si rivoluziona, credo rappresenti un po' la vita in generale:
uno crede sempre di aver capito tutto ma poi si rende conto di non
aver capito proprio nulla... conosci una persona ma non la conoscerai
mai fino in fondo. In maniera estremizzata posso dire che la storia
dei personaggi, sebbene unica, è un po' la storia di tutti noi.
P: Hai parlato di cinema e del rapporto
che ha la tua scrittura con il mondo del cinema, mi hai detto di aver
studiato per diversi anni teatro... In che modo il teatro ha
contaminato il tuo stile narrativo?
M: Principalmente per i dialoghi: a
volte leggo dei libri con dei dialoghi molto banali, sono un aspetto
sottovalutato in quanto aiutano il lettore ad immaginarsi ancora
meglio la scena. Ho cercato di non metterne troppi, ma nei dialoghi
ho applicato quanto ho imparato a teatro... Quando scrivevo scrivevo
con la musica, mi immaginavo che se una scena dovesse essere
trasposta al cinema avrebbe dovuto avere quella musica, per
trasmettere meglio determinate emozioni. C'è una scena in
particolare, verso la fine del libro, che paradossalmente, mentre la
scrivevo, avevo proprio la sensazione di vuoto allo stomaco perché
sentivo di viverla davvero tanto!
P: Direi che è il caso di avviarsi
verso la conclusione, ma prima avrei qualche altra domanda... Sei
molto giovane, così come me, e vorrei sapere come vivi questo essere
uno scrittore, giovane ed universitario.
M: È una cosa un po' particolare,
perché o ti ritrovi a fare interviste (ndr: come in questo caso!),
ricevi proposte da parte di alcuni blog, altre volte dei giornali mi
chiedono di scrivere determinati articoli... Sembra quasi che mi
venga chiesto un senso di responsabilità, come se il mantra fosse
“tu hai scritto quindi puoi fare qualcosa in più per raccontare
qualcosa”. Il più delle volte rinuncio a questi impegni così
grossi, perché è un senso di responsabilità troppo grande, perché
la gente si ritrova non più a giudicare un'opera ma il tuo modo di
pensare o di esprimerti su alcuni argomenti di attualità. Non
credevo che una cosa del genere potesse appartenermi, ricevo degli
inviti che non mi aspettavo... Mi sono ritrovato ad avere l'interesse
da chi fa parte del mondo del cinema, come Paolo Genovese, che mi ha
contattato su facebook, altri personaggi del mondo dello spettacolo che hanno letto
il romanzo sono stati Mandelli e Cevoli.
P: Sono incuriosito da
quest'ultimo aspetto: proprio da facebook, mi dicevi, è partito
questo tam tam del romanzo, un aspetto della vita moderna è proprio l'essere
tutti connessi fra noi grazie a questa rete virtuale... Aldilà
dei vari aspetti sociologi, sui quali è meglio non approfondire se
vogliamo tornare entrambi a casa presto, quanto il tuo romanzo è figlio
della modernità ed in particolare dei social network?
M: Tanto... Nella trama c'è un forte
legame con il mondo della tecnologia: i social network entrano
prepotentemente nel mondo della storia, si parla di facebook o di
twitter come di modi per creare legami, per approfondirli, per
spezzarli o per carpire informazioni... e questo comunque fa parte
del nostro mondo. Dall'altro lato i social network sono stati il modo
in cui ho pubblicizzato il romanzo: ho aperto sia la pagina facebook
che la pagina twitter. su facebook ci sono i tuoi amici che ti danno
una mano ma fino ad un certo punto, l'aiuto più grande l'ho avuto
più dagli sconosciuti (perlopiù celebrità del mondo dello
spettacolo) su twitter che erano realmente interessati a quento stavo
producendo... La vera promozione l'ho avuta da twitter e non da
facebook.
P: Prima di chiudere... progetti in
cantiere, non a livello edilizio ma letterario, ci sono? Oppure “La
segreta verità” rimarrà un'esperienza isolata?
M: No, isolata no di sicuro.
Attualmente ho degli impegni che sono quelli della laurea e sono
concentrato su quelli, una volta terminato questo percorso tornerò a
scrivere perché è una cosa che mi piace, probabilmente mi dedicherò
a degli spazi blog. Cercherò di portare avanti sia la professione
dell'edilizia sia la passione della scrittura.
P: Grazie per il tempo che mi hai
concesso, facciamo un saluto a tutti i lettori del blog!
M: Grazie a te! Saluto tutti i lettori
del blog The Philosopher's Cave!
Per chi volesse approfondire la
conoscenza del libro di Michele Laurenzana, lascio il link al sito
ufficiale ed invito chiunque a prendersi una copia di questo romanzo! www.lasegretaverita.tk
- P.
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