L’Amore vince su tutto. Basta il titolo dell'opera a giustificare le
fattezze di questo putto ridente, completamente nudo che rivolge lo sguardo
beffardo verso il lettore. Caravaggio dipinse quest’opera tra il 1602 ed il
1603, su commissione del marchese Vincenzo Giustiniani, ricco banchiere
genovese che lo pagò ben 300 scudi. Oggi
il prestigioso olio su tela (156 x 113 cm) è conservato al Staatliche Museen di
Berlino. Divertente e un po’ sfacciato, questo dipinto rappresenta il dio
Amore, completamente nudo, che rivolge allo spettatore un sorriso di vittoria e
di sfida. La caratteristica luce radente illumina solo in parte il viso del
protagonista, lasciando il lettore avvolto da un’aria di mistero e
ambiguità.Dallo sfondo scuro emergono degli oggetti in primo piano: spartiti e
strumenti musicali sono accostati ad un’armatura, così come il nascosto globo
terrestre alla squadra e compasso. Questi oggetti alludono certamente alle
varie arti, scienze e discipline che caratterizzavano il mondo seicentesco e delle
quali numerosi pensatori hanno parlato e trattato. L’intento di Caravaggio è
dimostrare al suo pubblico che l’Amore vince ed è superiore a qualsiasi cosa
(come lo esplicita lo stesso titolo). Come in precedenti opere, l’artista
scelse di dipingere i suoi personaggi partendo da modelli in carne ed ossa,
come se fossero dei ritratti. Per questa tela posò il garzone preferito di
Caravaggio, Cecco Boneri, col quale si dice che il pittore avesse una
relazione. D'altro canto, i sostenitori dell'omosessualità di Caravaggio
ritengono che, tramite il gesto della mano destra, il fanciullo “inviti” lo
spettatore a raggiungerlo sul letto dove posa a gambe divaricate con aria
provocatoria. Questa tesi può essere però smentita: Caravaggio era un grande
ammiratore dell’arte michelangiolesca, secondo la quale con la posa a gambe
sollevate o divaricate si alludeva alla resurrezione, alla vittoria e al
trionfo (ci sono infatti delle somiglianze con i titanici personaggi della
Sistina). Il quadro divenne subito, insieme al “Suonatore di liuto”, il dipinto
più bello e più celebre della collezione Giustiniani, tant'è vero che Giovanni
Baglione, rivale del Caravaggio, tentò inutilmente di dipingerne una
copia.Riallacciandoci alla committenza, "Amor vincit omnia" doveva
avere una posizione di privilegio all’interno della galleria pittorica
dell’appassionato collezionista. Il marchese Giustiniani, che condivideva il
palazzo con il fratello cardinale, aveva fatto collocare davanti all’opera una
tenda verde: da una parte per un senso di pudore, dall'altra per riservare solo
agli ospiti di riguardo il privilegio di osservare la tela. Non meno importante
il motivo legato alla sorprendente vitalità dell'Amore vittorioso che potesse
oscurare e rendere malinconiche tutti le altre opere della pur splendida
raccolta. Queste accortezze non fecero che accrescere ulteriormente la
celebrità della tela, ripetutamente imitata dai pittori e cantata dai poeti.
Gli antichi inventari della collezione Giustiniani proposero addirittura un’
interpretazione dal senso etico: l’amore e la lussuria allontanano l’uomo dallo
sviluppare le più elevate e degne qualità morali e intellettuali, distraendolo
dai suoi obiettivi più profondi. Certo, difficile pensare a questa ipotesi se a
realizzare il ritratto è il “maledetto” Caravaggio.
-Federica
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