mercoledì 3 aprile 2013

Social network e sociologia spicciola

Le vacanze di Pasqua sono sempre strapiene ma ciò che è peggio sono i giorni che seguono la festa, dove sembra che gli impegni si siano raggruppati quasi per dispetto.
Chiedo scusa ai lettori se, nell'ultimo periodo, c'è stato un po' di disservizio, ma fra parenti ed impegni vari (ossia ESAMI) per noi tre del blog "The Philosopher's Cave" è un periodo davvero pieno, forse dovremmo diventare dei giocolieri per poter riuscire a giostrare meglio le cose da fare! Ma non preoccupatevi, il lavoro continua e presto le famose novità ventilate nell'ultimo mese diventeranno una realtà!
Proprio poco prima di iniziare le "vacanze" mi sono trovato a conversare con una persona che stimo moltissimo su un argomento piuttosto attuale, quello della tecnologia "sociale" e il milione di messaggi di auguri che ho ricevuto a Pasqua ( fra twitter, facebook e messaggi) mi ha ispirato per un articolo un po' diverso: così, solo per oggi, abbandono i panni dell'aspirante critico d'arte e indosso momentaneamente quelli del sociologo spicciolo.
Siamo tutti connessi: è questa una (triste?) realtà. Volenti o nolenti abbiamo tutti una pagina facebook, e chi ne è sprovvisto è passato dall'essere “alternativo” al guadagnarsi il molto meno eroico epiteto di “sfigato”. Se ripenso al primo computer con Windows 95, che papà aveva portato a casa meno di 15 anni fa, e ai suoi evidenti limiti sembra assurdo come, oramai, siamo tutti armati di smartphone, tablet e pc portatili, perfino leggere un libro sta diventando un gesto “vintage” visto che oramai sono arrivati gli e-book reader!
Facendosi una passeggiata in centro città si viene letteralmente bombardati da sms, whats'app, tweet, squilli e messaggi su facebook, sembra quasi che questi mezzi si siano evoluti fino a diventatare quasi un'estensione del nostro cervello, una cosa che avrebbe sicuramente affascinato Marshall McLuhan. Ci sarebbe da chiedersi se questo prepotente ingresso sia deleterio per le relazioni sociali, visto che oramai anche un gesto insignificante come un “mi piace” su facebook sembra aver acquisito un significato più profondo. Proprio qualche sera fa mi trovavo al pub con alcuni amici ed ho visto un tavolo vicino al nostro dove 5 ragazzi erano praticamente ipnotizzati dai loro smartphone e mi sono chiesto: “Ma i social network... Ci renderanno forse più soli?”. Domanda da un milione di dollari del sabato sera, probabilmente, ma io credo che aldilà delle frasi fatte e dei discorsi da moralizzatore ci sarebbe da contestualizzarsi nell'era della modernità, dove tutto cambia con una rapidità spaventosa e chi si ferma sembra perduto, come una vera e propria evoluzione darwiniana tecnologica.


Se noi guardiamo la densità di comunicazione questa è certamente aumentata e le nuove tecnologie ne sono state un impulso fondamentale, il problema è nella “significatività” della comunicazione, cioè quello che ci si scambia quando si comunica: c'è chi parla di “villaggio globale” dove però siamo tutti più soli. A mio modesto avviso bisognerebbe imparare a guardare certe dinamiche con un doppio occhio, uno rivolto ai processi critici e uno che guarda ai processi positivi della comunicazione. Forse sarebbe sufficiente mettersi nel “giusto mezzo” aristotelico, senza vedere la tecnologia come un demone orribile ma senza neanche farsi assorbire totalmente in essa: prendendo l'esempio di facebook si nota che questa piattaforma permetta uno scambio di informazioni notevole, rendendo possibile l'interazione costruttiva fra due persone geograficamente lontane; e volendo parlare di “amore ai tempi di facebook” è sicuramente interessante vedere come questo sia anche diventato uno strumento di seduzione, capace di far conoscere due persone che, prima, ignoravano l'una l'esistenza dell'altra. Il problema nasce quando non si capisce che il mondo virtuale deve essere un tramite per il mondo reale, un ponte che permette uno scambio che diventi concreto e non rimanga solo un'interazione fatta di bit: conoscere una persona su facebook, magari con interessi e passioni molto simili ai nostri è fantastico, ma se si lascia questa cosa nel virtuale non si potrà fruire di quanto di più genuino consente l'interazione faccia a faccia... E ci ritroveremmo soli in un pub a messaggiare con una persona che potremmo tranquillamente vedere e con cui, magari, prenderci quella birra che abbiamo ordinato che, di sicuro, avrebbe anche un sapore meno amaro.

                                                                                                          - P.


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