Nonostante le festività siano arrivate noi di The Philosopher's Cave siamo dei lavoratori instancabili e vogliamo, a modo nostro farvi un regalo di Natale con questa intervista fatta a Francesco Orazi, professore in Sociologia Economica presso l'Università Politecnica delle Marche, una chiacchierata davvero interessante che ha ruotato intorno alla funzione comunicativa dell'arte e della sua evoluzione a livello sociale.
P: Buongiorno professore, visto che il
mio è un blog di arte mi piacerebbe iniziare con il vedere come,
secondo lei, da sociologo, l'arte può essere analizzata non da un
punto di vista tecnico o critico ma prettamente sociale. Partendo
dalle origini dell'uomo che funzione ha assunto l'arte?
F. Orazi: Beh, è una domanda
sicuramente impegnativa... Cerchiamo di essere schematici perchè dal
neolitico ad oggi è passato un bel po' di tempo! Forse, in una prima
fase, se pensiamo alle rappresentazioni rupestri sono espressione di
un'arte o comunque di una capacità di rappresentazione degli esseri
umani che, come le relazioni sociali, è completamente dominata dalla
dimensione sacra, cioè quel tipo di immagine segna il tentativo da
parte degli esseri umani di dare delle risposte a quella natura che,
di per sé, è completamente sacra. Con "sacra" intendo una
natura poco conosciuta, una natura sulla quale gli individui non
hanno manifestato nessuna forma di disincanto: il fulmine o il tuono
non sono letti come fenomeni fisici, ma come manifestazioni
sconosciute di un'entità che fa riferimento, nei popoli primitivi,
ad una deificazione complessiva della natura; anche l'arte, quindi a
mio modesto avviso, risente di questo clima di totale incantamento.
Le cose, secondo me, iniziano a mutare con quello che i sociologi
chiamano "processo di differenziazione" ossia il fatto che,
piano piano, con l'acquisizione di nuove conoscenze, esperienze e
nuove tecnologie gli esseri umani cominciano a dividere le loro
sfere: una prima fondamentale divisione che è centrale per la
sociologia strutturalista (in particolare per Durkheim) è la
separazione fra la dimensione sacra e quella profana. In questo modo
si realizza una situazione in cui il contesto sociale non è soltanto
un qualcosa che fa riferimento alla grande potenza esplicita
religiosa della natura, ma fa anche riferimento alle specifiche
azioni umane: il profano è tutto ciò che si separa dal sacro e
attiene le specifiche attività umane. È ovvio che questa prima
differenziazione è molto importante perchè da anche il via alla
prima formazione istituzionale in cui gli individui diventano
ordinatori della loro vita, basta pensare a come una religione è
finalizzata a stabilire una serie di divieti e ad organizzare una
serie di trasgressioni a questi divieti, la trasgressione deve essere
una cosa ben organizzata e seguire delle tempistiche precise,
altrimenti i divieti non avrebbero alcun senso. Sempre in riferimento
alla capacità di crescita della conoscenza umana e alla capacità di
produzione tecnologica, si producono nel tempo ulteriori
differenziazioni: quando per esempio gli esseri umani iniziano a
costruire le prime città, iniziano anche a determinare tutta una
nuova serie di elementi, che si staccano dal sacro e dal profano, per
certi versi il sacro rimane confinato alla dimensione dell'aldilà
(basta pensare alle tradizioni culturali che vanno dalla Mesopotamia,
all'Egitto agli Etruschi), una parte consistente della vita degli
esseri umani era data dalla netta separazione fra il mondo dei morti
e quello immanente dei vivi: il mondo dei morti era considerato molto
più importante. Cosa c'entra l'arte con tutto questo? C'entra molto,
basta pensare alla maestosità delle piramidi o alle sepolture
etrusche sono una commistione di arte e necessità di rappresentare
il mondo dei morti, hanno a che fare con la necessità "foscoliana"
della memoria (se volessimo fare un grosso salto temporale). La
dimensione estetica diventa un ulteriore elemento di dfferenziazione,
così come nel profano l'aumentata capacità delle tecnologie segna
un ulteriore elemento di differenziazione del profano.
L'arte e l'interpretazione sociale sono
connesse fin dalla loro apparizione, tutto questo diventa ancora più
visibile con le grandi civiltà: ad un certo punto l'arte diventa una
dimensione a sè stante, arriviamo fino a Kant che individua
fondamentalmente tre sfere, quella della razionalità, quella
etico-morale e quella estetica, tre blocchi che segnano tre modaità
di rapporto dell'essere umano con il mondo che lo circonda. Tutto
questo ha a che fare con modi attraverso il quela l'arte finisce per
essere in qualche modo inglobata nei sistemi sociali, gerarchici e
politici: c'è una famosa affermazione di Nietzsche, "In un
epoca in cui vi è dominio di un dittatore ogni buon artista ha la
mano protesa per farsi dare un giusto compenso", giusto compenso
per fornire una rappresentazione del potere, una conoscenza
finalizzata a riprodurre un certo assetto di potere: pensa a che
funzione ha avuto l'arte nelle manifestazioni in cui era
esplicitamente schierata durante i regimi totalitari delle società
di massa (come l'arte socialista o fascista), ad un certo punto
bisogna iniziare a considerare l'arte non come concetto ma come
funzione estetica. Per fare un esempio: la costruzione di un
quartiere come l'EUR è una questione urbanistica o è legata ad una
precisa funzione estetica? Ad un'idea di come doveva essere
articolato il territorio? Pensa anche ai grandi progetti di Albert
Speer con Hitler, la Berlino impriale o a Norimberga, città
esemplare. Tutto questo ha piegato la funzione estetica al potere, in
un suo famoso scritto Trotsky considera gli artisti dei "compagni
di strada" con cui costruire delle alleanze momentanee. L'arte
ha avuto una relazione simbiotica con la crescita dei livelli
organizzativi della società, fino ad arrivare ad una situazione
nella quale la funzione estetica si è intrecciata in maniera potente
con la stessa produzione del senso, con la stessa produzione
culturale: arte e scienza si sono incredibilmente mescolate fra di
loro. Da un certo punto dell'evoluzione sociale in poi, potremmo
tranquillamente ricostruire organizzazioni sociali e politiche a
partire dai principi artistici e dalle funzioni estetiche che li
hanno caratterizzati. Con la modernità possiamo vedere come la
stessa filosofia, con la rivoluzione estetica di Nietzsche: l'unica
funzione funzione che permette una corretta comprensione del mondo
non è la razionalità ma l'interpretazione, ma di tipo estetico, è
il mondo estetico che permette una corretta comprensione dei fatti
umani. Vorrei sottolineare che, in questo caso, estetico non
significa necessariamente "bello", bisogna uscire da una
concezione manichea dell'estetica, l'estetica ha a che fare con una
circolarità più complessa della relazione che intercorre fra
l'artista, l'opera ed il fruitore, che va al di là della semplice
visualizzazione tecnica dell'opera. Tutta la filosofia
post-strutturalista ha rimescolato tutto, il vero elemento di rottura
fra la modernità e la post-modernità è proprio l'interruzione del
processo di differenziazione: la post-modernità de-differenzia e
questo meccanismo si vede proprio nell'elemento che non tiene più
separate la cultura alta da quella popolare, questo strumento è
proprio il mass-media.
P: Proprio parlando di mass media mi
viene in mente proprio Marshall McLuhan, che disse la selebre frase
"il medium è il messaggio". Questa frase io,
personalmente, l'ho applicata nel campo della critica d'arte: La
Gioconda è un capolavoro, ma anche un'opera come "La merda
d'artista" di Piero Manzoni è anch'essa considerata "arte"...
Cambia il metodo artistico ma il messaggio rimane, lei che ne pensa?
F. Orazi: McLuhan lo pensava
sicuramente: il medium, per lui, non è solo il televisore o la
radio, anche un bastone o una pistola è un medium, concepisce tutto
questo con il meccanismo delle estensioni sensoriali. Marshall
McLuhan non era un sociologo ma un letterato, la sua ricerca parte
dal mondo pubblicitario: sul piano della fruizione dell'oggetto
d'arte credo che l'analisi di McLuhan sia estremamente fruttuosa,
sebbene poco citata in campo post-strutturalista. Nel momento in cui
si dice che l'oggetto d'arte è, fondamentalmente una fonte
libidinale, ossia attraverso il quale si sollecita il corpo del
fruitore e si stimola il suo desiderio ecco che il concetto di
McLuhan ossia l'esposizione in quanto tale al medium, mi sembra molto
connesso al campo artistico. Pensa a quanto, oggi, la pubblicità sia
incentrata su un approccio logo-libidinale, e non mi riferisco solo
al fatto che la pubblicità ci bombarda di tette e culi, ma che,
oggi, la funzione estetica nella valorizzazione dei beni è al centro
del processo economico. Se un tempo la pubblicità tentava di tenere
sotto controllo i bisogni oggi c'è stato uno spostamento dai bisogni
ai desideri, il sistema pubblicitario è uno straordinario
"organizzatore di mancanza", desiderare è una cosa che ci
connota in maniera molto precisa rispetto agli altri esseri umani ed
in una certa prospettiva Lacaniana, questo desiderio è connesso ad
un discorso linguistico. Per tornare alla domanda iniziale, credo
l'idea alla McLuhan sia molto più proficua in un'analisi estetica
che in un'analisi della comunicazione.
P: Per concludere una domanda
"moderna": negli ultimi dieci anni l'esplosione del
fenomeno di internet e dei social network ha permesso a tutti di
rimenere connessi, in che modo l'arte può relazionarsi a questi
nuovi metodi di comunicazione? Mi vengono in mente siti come twitter,
deviantart, flickr o tumblr e di come, mentre una volta c'era la tela
ed il pennello, oggi un programma come photoshop possa essere
considerato uno strumento d'arte. In che modo il social network può
influire a livello artistico e comunicativo?
F. Orazi: Internet, e più in generale
tutto ciò che è tecnologia digitale, ha la straordinaria capacità
di "rimediare", il digitale integra le quattro forme di
relazione dialogica umana: tutto questo ha enormi implicazioni in
plotica, in scienza, nella didattica e quindi anche nell'arte. La
dimensione virtuale e la rappresentazione in bit viene sfruttata per
portare in rete il più classico dei giacimenti artistici che è il
museo, la virtualizzazione dei musei è stata una delle prime
operazioni che si è compiuta in ambito internet per portare l'opera
d'arte tradizionali alla fruibilità generalizzata. Io ho un'idea,
tutto ciò che è estetico e che quindi può essere arte ha a che
fare con le relazioni che gli esseri umani intrattengono con vari
prodotti o con determinate immagini, la rete è uno straordinario
moltiplicatore straordinario di tutto ciò: un moltiplicatore a
livello di fruibilità ma anche a livello di produzione. Il digitale
ha potenzialità enormi, il problema però nasce nel momento in cui
si passa dall'arte figurativa all'arte non figurativa, il quadro non
è più una finestra sul mondo, ma c'è una decomposizione della
forma mondo che l'artista cerca di ricomporre: più cresce la non
figuratività dell'arte più cresce la necessità di astrazione
interpretativa dell'arte... Stiamo decostruendo i tracciati narrativi
dell'opera d'arte, o paradossalmente, decostruendo la semantica
dell'opera ci stiamo spostando verso un'interpretazione iperastratta
dell'opera stessa? Insomma, di fronte a due tubi messi in croce ho
bisogno di andare a scovare ermeneuticamente cosa intendeva l'autore
e da dove nasce l'autore stesso, c'è bisogno di una continuazione di
rimandi per comprendere un'opera completamente scollegata
dall'immeditezza del fruitore, io non capisco nulla dell'avanguardia
e mi pongo sempre questo problema: devo studiare l'autore? O può
valere qualsiasi cosa? Questo dà il via libera ad un trionfo
narcisistico autoreferenziale, l'arte non deve essere solo
figurativa, lo spostamento verso l'astrattismo è il tentativo di
rappresentare l'inconscio e tutto questo ci porta ad un enorme
paradosso interpretativo: l'analista va molto a tentativi, spesso
l'inconscio non parla e ci sono resistenze poderose e poi, volendo
utilizzare dal sano razionalismo, ci si pone una domanda legittima...
Ma siamo sicuri che 'sto cazzo di inconscio esista? Andrei cauto nel
dare questa centralità esplicativa all'inconscio, forse anche
l'artista dovrebbe riflettere meglio su questa cosa, l'inconscio non
è facilmente trasmissibile e tantomeno facilmente rappresentabile.
Se gli analisti si sono posti queso problema sulla complessità
dell'inconscio ecco allora che l'artista dovrebbe magari ... studiare
un po' di più? Ahahahahahahah!
P: Ahahahahahah... beh, magari non
sarebbe proprio una bruttissima idea!
Noi dello staff vi auguriamo un felice Natale e buone feste... Magari è la volta buona che riusciamo a prenderci qualche ferie anche noi! Chi può, magari, approfitti delle festività per farsi un bel giro fra musei e mostre!
- P.
Nessun commento:
Posta un commento