martedì 25 dicembre 2012

Arte, società, comunicazione e social network: la parola a Francesco Orazi

Nonostante le festività siano arrivate noi di The Philosopher's Cave siamo dei lavoratori instancabili e vogliamo, a modo nostro farvi un regalo di Natale con questa intervista fatta a Francesco Orazi, professore in Sociologia Economica presso l'Università Politecnica delle Marche, una chiacchierata davvero interessante che ha ruotato intorno alla funzione comunicativa dell'arte e della sua evoluzione a livello sociale.


P: Buongiorno professore, visto che il mio è un blog di arte mi piacerebbe iniziare con il vedere come, secondo lei, da sociologo, l'arte può essere analizzata non da un punto di vista tecnico o critico ma prettamente sociale. Partendo dalle origini dell'uomo che funzione ha assunto l'arte?

F. Orazi: Beh, è una domanda sicuramente impegnativa... Cerchiamo di essere schematici perchè dal neolitico ad oggi è passato un bel po' di tempo! Forse, in una prima fase, se pensiamo alle rappresentazioni rupestri sono espressione di un'arte o comunque di una capacità di rappresentazione degli esseri umani che, come le relazioni sociali, è completamente dominata dalla dimensione sacra, cioè quel tipo di immagine segna il tentativo da parte degli esseri umani di dare delle risposte a quella natura che, di per sé, è completamente sacra. Con "sacra" intendo una natura poco conosciuta, una natura sulla quale gli individui non hanno manifestato nessuna forma di disincanto: il fulmine o il tuono non sono letti come fenomeni fisici, ma come manifestazioni sconosciute di un'entità che fa riferimento, nei popoli primitivi, ad una deificazione complessiva della natura; anche l'arte, quindi a mio modesto avviso, risente di questo clima di totale incantamento. Le cose, secondo me, iniziano a mutare con quello che i sociologi chiamano "processo di differenziazione" ossia il fatto che, piano piano, con l'acquisizione di nuove conoscenze, esperienze e nuove tecnologie gli esseri umani cominciano a dividere le loro sfere: una prima fondamentale divisione che è centrale per la sociologia strutturalista (in particolare per Durkheim) è la separazione fra la dimensione sacra e quella profana. In questo modo si realizza una situazione in cui il contesto sociale non è soltanto un qualcosa che fa riferimento alla grande potenza esplicita religiosa della natura, ma fa anche riferimento alle specifiche azioni umane: il profano è tutto ciò che si separa dal sacro e attiene le specifiche attività umane. È ovvio che questa prima differenziazione è molto importante perchè da anche il via alla prima formazione istituzionale in cui gli individui diventano ordinatori della loro vita, basta pensare a come una religione è finalizzata a stabilire una serie di divieti e ad organizzare una serie di trasgressioni a questi divieti, la trasgressione deve essere una cosa ben organizzata e seguire delle tempistiche precise, altrimenti i divieti non avrebbero alcun senso. Sempre in riferimento alla capacità di crescita della conoscenza umana e alla capacità di produzione tecnologica, si producono nel tempo ulteriori differenziazioni: quando per esempio gli esseri umani iniziano a costruire le prime città, iniziano anche a determinare tutta una nuova serie di elementi, che si staccano dal sacro e dal profano, per certi versi il sacro rimane confinato alla dimensione dell'aldilà (basta pensare alle tradizioni culturali che vanno dalla Mesopotamia, all'Egitto agli Etruschi), una parte consistente della vita degli esseri umani era data dalla netta separazione fra il mondo dei morti e quello immanente dei vivi: il mondo dei morti era considerato molto più importante. Cosa c'entra l'arte con tutto questo? C'entra molto, basta pensare alla maestosità delle piramidi o alle sepolture etrusche sono una commistione di arte e necessità di rappresentare il mondo dei morti, hanno a che fare con la necessità "foscoliana" della memoria (se volessimo fare un grosso salto temporale). La dimensione estetica diventa un ulteriore elemento di dfferenziazione, così come nel profano l'aumentata capacità delle tecnologie segna un ulteriore elemento di differenziazione del profano.
L'arte e l'interpretazione sociale sono connesse fin dalla loro apparizione, tutto questo diventa ancora più visibile con le grandi civiltà: ad un certo punto l'arte diventa una dimensione a sè stante, arriviamo fino a Kant che individua fondamentalmente tre sfere, quella della razionalità, quella etico-morale e quella estetica, tre blocchi che segnano tre modaità di rapporto dell'essere umano con il mondo che lo circonda. Tutto questo ha a che fare con modi attraverso il quela l'arte finisce per essere in qualche modo inglobata nei sistemi sociali, gerarchici e politici: c'è una famosa affermazione di Nietzsche, "In un epoca in cui vi è dominio di un dittatore ogni buon artista ha la mano protesa per farsi dare un giusto compenso", giusto compenso per fornire una rappresentazione del potere, una conoscenza finalizzata a riprodurre un certo assetto di potere: pensa a che funzione ha avuto l'arte nelle manifestazioni in cui era esplicitamente schierata durante i regimi totalitari delle società di massa (come l'arte socialista o fascista), ad un certo punto bisogna iniziare a considerare l'arte non come concetto ma come funzione estetica. Per fare un esempio: la costruzione di un quartiere come l'EUR è una questione urbanistica o è legata ad una precisa funzione estetica? Ad un'idea di come doveva essere articolato il territorio? Pensa anche ai grandi progetti di Albert Speer con Hitler, la Berlino impriale o a Norimberga, città esemplare. Tutto questo ha piegato la funzione estetica al potere, in un suo famoso scritto Trotsky considera gli artisti dei "compagni di strada" con cui costruire delle alleanze momentanee. L'arte ha avuto una relazione simbiotica con la crescita dei livelli organizzativi della società, fino ad arrivare ad una situazione nella quale la funzione estetica si è intrecciata in maniera potente con la stessa produzione del senso, con la stessa produzione culturale: arte e scienza si sono incredibilmente mescolate fra di loro. Da un certo punto dell'evoluzione sociale in poi, potremmo tranquillamente ricostruire organizzazioni sociali e politiche a partire dai principi artistici e dalle funzioni estetiche che li hanno caratterizzati. Con la modernità possiamo vedere come la stessa filosofia, con la rivoluzione estetica di Nietzsche: l'unica funzione funzione che permette una corretta comprensione del mondo non è la razionalità ma l'interpretazione, ma di tipo estetico, è il mondo estetico che permette una corretta comprensione dei fatti umani. Vorrei sottolineare che, in questo caso, estetico non significa necessariamente "bello", bisogna uscire da una concezione manichea dell'estetica, l'estetica ha a che fare con una circolarità più complessa della relazione che intercorre fra l'artista, l'opera ed il fruitore, che va al di là della semplice visualizzazione tecnica dell'opera. Tutta la filosofia post-strutturalista ha rimescolato tutto, il vero elemento di rottura fra la modernità e la post-modernità è proprio l'interruzione del processo di differenziazione: la post-modernità de-differenzia e questo meccanismo si vede proprio nell'elemento che non tiene più separate la cultura alta da quella popolare, questo strumento è proprio il mass-media.


P: Proprio parlando di mass media mi viene in mente proprio Marshall McLuhan, che disse la selebre frase "il medium è il messaggio". Questa frase io, personalmente, l'ho applicata nel campo della critica d'arte: La Gioconda è un capolavoro, ma anche un'opera come "La merda d'artista" di Piero Manzoni è anch'essa considerata "arte"... Cambia il metodo artistico ma il messaggio rimane, lei che ne pensa?

F. Orazi: McLuhan lo pensava sicuramente: il medium, per lui, non è solo il televisore o la radio, anche un bastone o una pistola è un medium, concepisce tutto questo con il meccanismo delle estensioni sensoriali. Marshall McLuhan non era un sociologo ma un letterato, la sua ricerca parte dal mondo pubblicitario: sul piano della fruizione dell'oggetto d'arte credo che l'analisi di McLuhan sia estremamente fruttuosa, sebbene poco citata in campo post-strutturalista. Nel momento in cui si dice che l'oggetto d'arte è, fondamentalmente una fonte libidinale, ossia attraverso il quale si sollecita il corpo del fruitore e si stimola il suo desiderio ecco che il concetto di McLuhan ossia l'esposizione in quanto tale al medium, mi sembra molto connesso al campo artistico. Pensa a quanto, oggi, la pubblicità sia incentrata su un approccio logo-libidinale, e non mi riferisco solo al fatto che la pubblicità ci bombarda di tette e culi, ma che, oggi, la funzione estetica nella valorizzazione dei beni è al centro del processo economico. Se un tempo la pubblicità tentava di tenere sotto controllo i bisogni oggi c'è stato uno spostamento dai bisogni ai desideri, il sistema pubblicitario è uno straordinario "organizzatore di mancanza", desiderare è una cosa che ci connota in maniera molto precisa rispetto agli altri esseri umani ed in una certa prospettiva Lacaniana, questo desiderio è connesso ad un discorso linguistico. Per tornare alla domanda iniziale, credo l'idea alla McLuhan sia molto più proficua in un'analisi estetica che in un'analisi della comunicazione.

P: Per concludere una domanda "moderna": negli ultimi dieci anni l'esplosione del fenomeno di internet e dei social network ha permesso a tutti di rimenere connessi, in che modo l'arte può relazionarsi a questi nuovi metodi di comunicazione? Mi vengono in mente siti come twitter, deviantart, flickr o tumblr e di come, mentre una volta c'era la tela ed il pennello, oggi un programma come photoshop possa essere considerato uno strumento d'arte. In che modo il social network può influire a livello artistico e comunicativo?

F. Orazi: Internet, e più in generale tutto ciò che è tecnologia digitale, ha la straordinaria capacità di "rimediare", il digitale integra le quattro forme di relazione dialogica umana: tutto questo ha enormi implicazioni in plotica, in scienza, nella didattica e quindi anche nell'arte. La dimensione virtuale e la rappresentazione in bit viene sfruttata per portare in rete il più classico dei giacimenti artistici che è il museo, la virtualizzazione dei musei è stata una delle prime operazioni che si è compiuta in ambito internet per portare l'opera d'arte tradizionali alla fruibilità generalizzata. Io ho un'idea, tutto ciò che è estetico e che quindi può essere arte ha a che fare con le relazioni che gli esseri umani intrattengono con vari prodotti o con determinate immagini, la rete è uno straordinario moltiplicatore straordinario di tutto ciò: un moltiplicatore a livello di fruibilità ma anche a livello di produzione. Il digitale ha potenzialità enormi, il problema però nasce nel momento in cui si passa dall'arte figurativa all'arte non figurativa, il quadro non è più una finestra sul mondo, ma c'è una decomposizione della forma mondo che l'artista cerca di ricomporre: più cresce la non figuratività dell'arte più cresce la necessità di astrazione interpretativa dell'arte... Stiamo decostruendo i tracciati narrativi dell'opera d'arte, o paradossalmente, decostruendo la semantica dell'opera ci stiamo spostando verso un'interpretazione iperastratta dell'opera stessa? Insomma, di fronte a due tubi messi in croce ho bisogno di andare a scovare ermeneuticamente cosa intendeva l'autore e da dove nasce l'autore stesso, c'è bisogno di una continuazione di rimandi per comprendere un'opera completamente scollegata dall'immeditezza del fruitore, io non capisco nulla dell'avanguardia e mi pongo sempre questo problema: devo studiare l'autore? O può valere qualsiasi cosa? Questo dà il via libera ad un trionfo narcisistico autoreferenziale, l'arte non deve essere solo figurativa, lo spostamento verso l'astrattismo è il tentativo di rappresentare l'inconscio e tutto questo ci porta ad un enorme paradosso interpretativo: l'analista va molto a tentativi, spesso l'inconscio non parla e ci sono resistenze poderose e poi, volendo utilizzare dal sano razionalismo, ci si pone una domanda legittima... Ma siamo sicuri che 'sto cazzo di inconscio esista? Andrei cauto nel dare questa centralità esplicativa all'inconscio, forse anche l'artista dovrebbe riflettere meglio su questa cosa, l'inconscio non è facilmente trasmissibile e tantomeno facilmente rappresentabile. Se gli analisti si sono posti queso problema sulla complessità dell'inconscio ecco allora che l'artista dovrebbe magari ... studiare un po' di più? Ahahahahahahah!

P: Ahahahahahah... beh, magari non sarebbe proprio una bruttissima idea!





Noi dello staff vi auguriamo un felice Natale e buone feste... Magari è la volta buona che riusciamo a prenderci qualche ferie anche noi! Chi può, magari, approfitti delle festività per farsi un bel giro fra musei e mostre!

                                                                                                    - P.

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