[Premessa: mi dispiace moltissimo per i
problemi che si sono presentati nelle ultime settimane e con queste
due righe vorrei chiedere scusa ai lettori e alle mie due colleghe
per non aver potuto garantire un servizio puntuale come mio solito ed
essere stato costretto a pubblicare questo articolo con un po' di
ritardo. Purtroppo certe volte i problemi impediscono di dare il
100%, ma in fondo l'importante è rialzarsi sempre. Scusate ancora.
- P.]
Buonasera... MUHAHAHAHAHAHA!!
La paura: una delle più radicate
emozioni umane, fra l'altro la più viscerale e a volte anche quella
più incomprensibile. Viviamo ormai in un'epoca moderna in cui molte
delle minacce che avrebbero impaurito i nostri antenati non sono più
così terribili come potevano sembrare millenni fa, eppure c'è
sempre una paura che rimane invincibile, proprio perché fa leva sul
senso di ignoto e di impotenza, sappiamo che non siamo in grado di
combatterla: la morte.
Il progresso scientifico e le scoperte
mediche hanno permesso di salvare molte vite, ma lei rimane
invincibile e terrorizzante, ma nonostante ciò ci divertiamo a
stuzzicare questa paura ancestrale, come dimostrano i vari film
apocalittici sulle orde di zombie che si abbattono sugli indifesi
vivi in una carneficina continua: sono un esempio i vari film della
saga di Romero o quelli della serie “Il ritorno dei morti viventi”.
Scena tratta da uno dei film di George Romero |
Sembra quasi che, per esorcizzare la
paura della morte e dell'ignoto che si porta appresso, vogliamo
dipingerla con dei toni talmente irreali ed iperbolici da
spaventarci, ma al tempo stesso farci tirare un sospiro di sollievo
(“al diavolo, è solo un film!” dicono quelli che escono dalla
sala terrorizzati dopo la proiezione), eppure questa tematica non è
così nuova come si crede (e non me ne voglia il maestro George
Romero): in passato la caducità della vita era stata rappresentata
in modo analogo proprio in un periodo caratterizzato dall'ansia per
il cambiamento e che gli storici e i critici additano spesso come
“buio”: il Medioevo.
Del resto, come non comprendere la
paura che aleggiava fra gli uomini di quel tempo? Carestie, guerre e
pestilenza, osteggiate da un pensiero religioso imperante che non
riusciva a dare risposte reali se non alimentare ulteriormente
l'inquietudine ed esaltare la speranza di una vita ultra-terrena. Da
questo sostrato culturale si diffonde l'iconografia del “Trionfo
della morte” e la sua variante “La danza macabra”, diffuso in
varie zone europee e italiane dopo il Trecento.
Il tema alla base di questa figurazione
è quello del “memento mori”, il messaggio che la vita terrena
altro non è se non un momento di passaggio che proietta verso la
vera vita, che è quella ultraterrena: non a caso, nelle prime
rappresentazioni, gli elementi macabri si connetta al tema del
“giudizio universale”, dove tutte le anime saranno giudicate ed
avranno un posto fra le grazie di Dio (il Paradiso) o subiranno
l'eterna dannazione (l'Inferno), la morte falcia via le anime dei
vivi in una visione desolata che sembra quasi sconnessa dal tema
della salvezza e del mondo celeste descritto proprio in quel periodo
da Dante nella “Divina Commedia”.
Ne è un esempio il famoso “Trionfo
della morte” che si trova presso l'Oratorio dei Disciplini di
Clusone, in cui la morte è rappresentata come uno scheletro con una
corona ed un mantello: aiutata da altri due scheletri, armati
rispettivamente di una balestra e di un archibugio, stermina la
popolazione senza risparmiare neanche i ricchi che, inginocchiati di
fronte ad essa, le offrono doni e ricchezze per avere in cambio la
salvezza, un cartiglio posto in alto avverte che la morte colpisce in
modo doloroso soltanto chi offende Dio, mentre porta ad una vita
migliore chi pratica la giustizia.
Trionfo della morte - Clusone |
Per i latini la morte è femmina,
mentre per i greci ed i tedeschi la morte è maschio: nel monastero
benedettino di Subiaco, nel Lazio, si può ammirare una delle
rappresentazioni più particolari della mietitrice, con i capelli
lunghi e sciolti, a cavallo con la spada sguainata e che parla
ciociaro, con le parole che le escono dalla bocca, come un antenato
di un fumetto, la cosa ancora più curiosa è la straordinaria
somiglianza fra questa rappresentazione della morte e una delle scene
più famose del film “Il ritorno dei morti viventi”, dove uno
zombie donna, ridotto ad uno scheletro putrescente, viene interrogato
sul perché i morti si cibino del cervello dei vivi.
Rappresentazione della morte - Subiaco |
I temi macabri ed ossessivi vengono
ripresi anche nel celebre affresco del “Trionfo della morte” a
palazzo Scalafani a Palermo, dove la morte, rappresentata come uno
scheletro a cavallo, reca con sé la falce e ha appena scoccato una
freccia verso un giovane, colpendolo al collo: la morte colpisce
indistintamente tutti, come si evince dal cumulo di cadaveri, i
poveri a sinistra sembrano chiedere alla mietitrice di colpirli per
far finire le loro sofferenze, mentre i ricchi sulla destra sembrano
non accorgersi di quanto stia accadendo.
Il primo aspetto che colpisce è come
questa rappresentazione sia stata ripresa da un pittore successivo,
molto spesso sottovalutato, il francese Henri Rousseau detto “il
doganiere”: nel suo quadro “La Guerra” la donna a cavallo che
regge in una mano una spada e nell'altra una torcia, cavalca sopra un
cumulo di cadaveri in un paesaggio brullo, mentre dei corvi si
nutrono dei resti della battaglia, la bocca aperta e l'espressione
soddisfatta sembrano quasi comunicare l'urlo e la risata sonora della
guerriera. Un motivo assai simile alle immagini viste finora
nell'arte medievale.
Trionfo della morte (Palazzo Scalafani) - Palermo |
Henri Rousseau - "La guerra" |
L'altro aspetto che fa riflettere è
come, accanto alla paura e al grottesco che l'iconografia della
“danza macabra” si faccia strada una sottile vena ironica: un
modo in cui i poveri possono godere del potere livellatore della
morte che, con la sua falce, sottomette al suo potere tutti, compresi
i ricchi, gli istruiti ed i prelati, una piccola “vendetta” per i
ceti meno abbietti.
L'ironia tragica con cui viene trattata
la tematica della morte si rifà al tema del “carnascialesco” che
si era sviluppato già nel Duecento con “L'Inferno” dantesco o
con i sonetti taglienti di Cecco Angiolieri, un macabro “can can”
con cui si cerca di esorcizzare la paura della morte attraverso una
risata, dando alla “triste signora” attributi umani (ella ride e
beve vino alle feste).
Non è un caso, quindi, che la festa di
Halloween appena celebrata (ndr: questo post sarebbe stato lo
speciale di fine mese del 31 ottobre, ma per problemi di forza
maggiore non sono riuscito a postarlo prima) sia quindi un rito
“carnascialesco” con cui si esorcizza l'ancestrale paura
dell'abisso dell'oltre-tomba. In Messico, la festa dei morti (detto
in spagnolo “Día de Muertos”) è una festa gioiosa, con cibi,
bevande e colori sgargianti, accostati a rappresentazioni
caricaturali della morte, questo aspetto particolare della cultura
messicana è rappresentato in uno dei più celebri murales del
pittore muralista Diego Rivera, “Sogno di una domenica pomeriggio
nell’Alameda Central”: la morte, al centro del corteo, sembra
molto distante dalla rappresentazione europea, che la vede
sanguinaria e bellicosa, vestita con abiti bianchi sfarzosi, più
adatti ad una sposa che alla mietitrice, la morte cammina affiancata
dalla popolazione e dalle autorità locali, come in una processione
di paese, il senso di stranezza è aumentato dall'accostamento
sgargiante dei colori che conferiscono alla scena un tono festoso,
come se la morte venisse accolta con chiassosi balli e non temuta.
Diego Rivera - “Sogno di una domenica pomeriggio nell’Alameda Central" |
Del resto, la danza macabra in versione
ironica e quasi spiritosa, è stata ripresa abilmente prima da Walt
Disney nel suo corto “the Skeleton Dance” del 1929, dove gli
scheletri escono dalle loro tombe per danzare e suonare (memorabile
come suonano le loro stesse ossa come uno xilophono) e
successivamente da uno dei capolavori del gotico animato: “The
Nightmare before christmas” di Tim Burton, che sembra aver recepito
la lezione del trionfo della morte e della danza macabra per
rileggerlo con il suo particolarissimo stile a metà fra il gotico e
il naif, dove i mostri e gli scheletri ballano e cantano per
festeggiare la festa di Halloween e sembrano giocare in un mondo
ultraterreno.
Grazie all'ironia e al
“carnascialesco”, l'uomo riesce ad esorcizzare la paura della
morte ed il suo “horror vacui” e a poter vivere serenamente la
vita “terrena” che tanto era malvista nel Medioevo.
- P.
- P.
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