Piove fuori dalla mia finestra.
Piove fitto e il rumore delle gocce che cadono al suolo rimbomba nel mio orecchio. Riesco a percepire alcune reazioni: gli abeti bevono della regalata freschezza, la rondine trova riparo sotto un comignolo. I passanti si adirano perché non hanno di che coprirsi, mentre una macchina un po’ presuntuosa domina il percorso della strada bagnata.
Apro un libro e incontro il Vate.
Le sue parole si confondono con i suoni che mi arrivano. Le gocce che piovono sulle tamerici sono le stesse che abbeverano i miei fiori e il cielo cimerino è lo stesso che avvolge la mia casa.
Penso.
Oh Ermione, sulle tue mani ignude piove, piove anche sulle tue leggere vesti.
L’acqua modella le forme del tuo corpo e il perlaceo della seta lascia trasparire il tuo cuore di pesca.
Tu sei avvolta e illusa dalla favola bella, mentre la tua complementare creatura celeste ti cinge e si mescola con te e con le tue sensazioni.
Io, nell’intimità delle mie cose, non odo il canto delle cicale o quello del mirto o quello del ginepro.
Sento rumori metallici di macchine in moto, sento musiche lontane, sento voci gridare.
Intorno a me non vedo pini e abeti, ma il loro più triste epilogo: il legno lucido del mio tavolo sostiene i miei pensieri e l’accennato profumo delle sfiorite rose consola la mia solitudine.
Con me non vi è amico: posso pensarlo e vederlo in fotografia, o sentire la sua falsa voce al telefono.
Le mie mani non si stringono dolci ad altre, sui miei cigli non pendono gocce di rugiada, ma cupe preoccupazioni.
Tu, Ermione, non piangi di tristezza, ma di piacere. Le tue lacrime si confondono con le gocce di pioggia, ma l’altra tua anima le riconosce e le colleziona.
Vi rifugiate in ogni spazio, la natura aiuta il vostro incontro, la bella favola vi illude entrambi.
Non più di carne e di sangue siete fatti, ma di mandorle e di erbe.
Guardo le mie mani e vedo uomo, tocco il mio viso e sento pelle.
Ma con me c’è la Parola, c’è il Verso.
Non mi è concesso di assaporare il profumo della pioggia, né di fondermi con la rugiada.
Ma posso rinfrescare i miei pensieri con le Rime, le mie mani possono trasformarsi in tamerici, la mia casa si muta nel pineto.
Ed ecco che il nocciolo del mio cuore vibra all’arrivo della favola bella.
Non odo il canto del ginepro ma i passi di qualcuno che arriva al mio uscio.
Su di noi non scivola pioggia, gli alberi non ci uniscono.
Su di noi, ora, piove Speranza, le nostre anime, ora, sono unite dal Desiderio.
Piove fitto e il rumore delle gocce che cadono al suolo rimbomba nel mio orecchio. Riesco a percepire alcune reazioni: gli abeti bevono della regalata freschezza, la rondine trova riparo sotto un comignolo. I passanti si adirano perché non hanno di che coprirsi, mentre una macchina un po’ presuntuosa domina il percorso della strada bagnata.
Apro un libro e incontro il Vate.
Le sue parole si confondono con i suoni che mi arrivano. Le gocce che piovono sulle tamerici sono le stesse che abbeverano i miei fiori e il cielo cimerino è lo stesso che avvolge la mia casa.
Penso.
Oh Ermione, sulle tue mani ignude piove, piove anche sulle tue leggere vesti.
L’acqua modella le forme del tuo corpo e il perlaceo della seta lascia trasparire il tuo cuore di pesca.
Tu sei avvolta e illusa dalla favola bella, mentre la tua complementare creatura celeste ti cinge e si mescola con te e con le tue sensazioni.
Io, nell’intimità delle mie cose, non odo il canto delle cicale o quello del mirto o quello del ginepro.
Sento rumori metallici di macchine in moto, sento musiche lontane, sento voci gridare.
Intorno a me non vedo pini e abeti, ma il loro più triste epilogo: il legno lucido del mio tavolo sostiene i miei pensieri e l’accennato profumo delle sfiorite rose consola la mia solitudine.
Con me non vi è amico: posso pensarlo e vederlo in fotografia, o sentire la sua falsa voce al telefono.
Le mie mani non si stringono dolci ad altre, sui miei cigli non pendono gocce di rugiada, ma cupe preoccupazioni.
Tu, Ermione, non piangi di tristezza, ma di piacere. Le tue lacrime si confondono con le gocce di pioggia, ma l’altra tua anima le riconosce e le colleziona.
Vi rifugiate in ogni spazio, la natura aiuta il vostro incontro, la bella favola vi illude entrambi.
Non più di carne e di sangue siete fatti, ma di mandorle e di erbe.
Guardo le mie mani e vedo uomo, tocco il mio viso e sento pelle.
Ma con me c’è la Parola, c’è il Verso.
Non mi è concesso di assaporare il profumo della pioggia, né di fondermi con la rugiada.
Ma posso rinfrescare i miei pensieri con le Rime, le mie mani possono trasformarsi in tamerici, la mia casa si muta nel pineto.
Ed ecco che il nocciolo del mio cuore vibra all’arrivo della favola bella.
Non odo il canto del ginepro ma i passi di qualcuno che arriva al mio uscio.
Su di noi non scivola pioggia, gli alberi non ci uniscono.
Su di noi, ora, piove Speranza, le nostre anime, ora, sono unite dal Desiderio.
-Federica
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